Influenza aviaria: aironi e fagiani possibili “ospiti ponte” verso gli allevamenti avicoli

28

Aironi, garzette, gallinelle d’acqua e fagiani comuni potrebbero rappresentare anelli importanti nella catena di trasmissione del virus dell’influenza aviaria dagli uccelli selvatici al pollame allevato nel Nord Italia, svolgendo il ruolo di “ospiti ponte” tra le aree umide frequentate dalle specie in cui il virus si mantiene (come germani reali e gabbiani) e gli allevamenti avicoli.

È quanto emerge da uno studio di eco-epidemiologia realizzato dal Laboratorio di epidemiologia e analisi del rischio in sanità pubblica dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe), pubblicato di recente sulla rivista scientifica Transboundary and Emerging Disease. Lo studio ha confrontato la distribuzione geografica dei focolai in allevamenti avicoli registrati nel Nord Italia (Emilia Romagna, Friuli-Venezia Giulia, Lombardia, Piemonte e Veneto) durante l’epidemia di influenza aviaria del 2017/2018, con quella di 40 specie di uccelli selvatici presenti sullo stesso territorio, identificate da una ricerca svolta nel 2019 tramite fototrappole installate nei pressi di 10 allevamenti.

airone cinerino e garzetta

Uno studio IZSVe ha confrontato la distribuzione geografica dei focolai in allevamenti avicoli registrati nel Nord Italia durante l’epidemia di influenza aviaria del 2017/2018, con quella di 40 specie di uccelli selvatici presenti sullo stesso territorio. Il cluster comprendente la maggior parte delle specie osservate – appartenenti alla famiglia degli ardeidi (aironi e garzette), assieme alla gallinella d’acqua e al fagiano comune – mostra una maggiore associazione con la distribuzione dei focolai domestici. Queste specie potrebbero rappresentare un “ponte” tra le aree umide frequentate dalle specie in cui il virus si mantiene (come germani reali e gabbiani) e gli allevamenti avicoli.

Basandosi sui dati di rilevamento relativi alle specie e al territorio considerati disponibili nella libreria online eBird, oltre che su ulteriori variabili ambientali e bioclimatiche, sono stati sviluppati dei modelli di distribuzione spaziale per ciascuna specie. Data la numerosità delle specie, queste sono state raggruppate in 7 cluster diversi in base alla somiglianza della loro distribuzione, che si allineava anche con la loro affinità ecologica e tassonomica. L’associazione tra la distribuzione dei focolai e quella delle specie selvatiche è stata quindi analizzata tramite un approccio che ha combinato diverse metodiche, includendo sia tecniche statistiche classiche sia approcci di machine learning.

In base alle analisi svolte, il cluster comprendente la maggior parte delle specie osservate – appartenenti alla famiglia degli ardeidi (airone bianco maggiore, airone rosso, garzetta e airone guardabuoi), assieme alla gallinella d’acqua e al fagiano comune – mostra una maggiore associazione con la distribuzione geografica dei focolai domestici. Il cluster a cui appartenevano specie tipicamente considerate ospiti di mantenimento del virus – come il germano reale (anseriformi) e i gabbiani reali e comuni (laridi), pur mostrando una associazione positiva con i focolai, risulta meno importante rispetto al gruppo degli ardeidi.

Questi risultati sottolineano la complessità dell’interfaccia selvatico/domestico nell’epidemiologia dell’influenza aviaria, suggerendo che una gamma di specie più ampia di quella tipicamente considerata potrebbe essere coinvolta nell’ecologia del virus. Includere le specie “ponte” nei programmi di sorveglianza epidemiologica potrebbe rendere più efficaci gli sforzi di campionamento previsti da questi programmi, e permettere di identificare precocemente segnali di una possibile trasmissione del virus al pollame.

Leggi l’articolo scientfico su Transboundary and Emerging Disease »

Fonte: www.izsvenezie.it