Influenza aviaria e scarsità di uova: perché gli USA guardano all’Europa

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Negli ultimi mesi, gli Stati Uniti stanno affrontando una crisi senza precedenti nell’approvvigionamento di uova. A causa dell’influenza aviaria, che ha costretto gli allevatori americani ad abbattere oltre 30 milioni di capi, il prezzo medio di una dozzina di uova ha superato gli 8 dollari, con un aumento del 60% rispetto alla fine del 2024. La scarsità di prodotto, aggravata dall’approssimarsi della Pasqua – periodo in cui la domanda cresce notevolmente – ha spinto la Casa Bianca a cercare supporto all’estero, rivolgendo lo sguardo anche all’Europa.

Tra i Paesi contattati, l’Italia – e in particolare il Veneto, regione che da sola produce il 26% delle uova italiane – ha ricevuto numerose richieste di fornitura. Tuttavia, la risposta è stata cauta. “Pure noi siamo al limite con la produzione e non possiamo garantire un approvvigionamento”, ha dichiarato Michele Barbetta, presidente del settore avicolo di Confagricoltura Veneto. Dallo scorso autunno, infatti, anche l’Italia ha subito pesanti perdite dovute all’aviaria, con l’abbattimento di circa 4 milioni di galline ovaiole, pari a una perdita stimata di 1,4 miliardi di uova.

Anche altri Paesi europei, come la Svezia e la Danimarca, hanno declinato l’invito statunitense. “Abbiamo bisogno delle uova per i nostri clienti attuali”, ha spiegato Håkan Burlin, CEO del produttore svedese Stjärnägg, aggiungendo che una parte della resistenza è dovuta anche a considerazioni politiche legate ai recenti sviluppi negli Stati Uniti.

A fronte di questo scenario, l’Italia – pur non potendo rispondere con forniture immediate – si propone come modello da seguire. “Non abbiamo così tante uova in esubero da poter aiutare gli Stati Uniti a colmare la loro carenza, ma possiamo offrire qualcosa di ancora più prezioso: la nostra esperienza”, ha affermato Cristina Zen, allevatrice biologica e responsabile della Consulta Veneta Avicola di Coldiretti. “Prevenzione, monitoraggio costante e interventi tempestivi sono fondamentali per preservare un settore strategico e ridurre ogni possibile rischio”.

Il comparto uova italiano, che vale circa 1,5 miliardi di euro, si è dimostrato resiliente nonostante i 56 focolai registrati nell’inverno 2024/25. “Il sistema italiano ha retto”, sottolinea Zen, “e il Veneto si conferma punto di riferimento grazie ad allevamenti altamente controllati e capaci di assicurare qualità, sicurezza e sostenibilità”.

Più ottimista è Gian Luca Bagnara, presidente di Assoavi, che intravede nella crisi USA un’opportunità strategica: “Potremmo avere sei mesi di extra produzione. Fornire uova agli Stati Uniti potrebbe diventare uno strumento politico, anche alla luce delle tensioni commerciali in atto”. Un messaggio, questo, ripreso anche dall’assessore regionale veneto all’Agricoltura, Federico Caner: “Il mercato è mondiale e senza confini: ricordiamolo a chi parla di dazi”.

Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno avviato le prime importazioni di uova da Paesi extraeuropei come Turchia e Corea del Sud, mentre restano in corso trattative con altri partner internazionali.

La crisi americana non è soltanto un problema di prezzo o disponibilità: è il sintomo di una fragilità strutturale del sistema produttivo davanti a una minaccia sanitaria globale. L’Italia, pur tra mille difficoltà, dimostra che è possibile coniugare produttività e sicurezza, offrendo non solo prodotto, ma know-how e una visione sostenibile del futuro dell’avicoltura.