Intelligenza Artificiale (AI), un aiuto per la sostenibilità nel comparto zootecnico

Pier Enrico Rossi, medico veterinario, e Justin Applebee

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L’intelligenza artificiale (AI, Artificial Intelligence) è un termine che può comprendere diversi fenomeni e applicazioni: essa può essere definita come il processo attraverso il quale macchine e sistemi informatici simulano processi di intelligenza umana. Le sue applicazioni possono essere utilizzate efficacemente anche nella zootecnia.

La possibilità di realizzare strumenti informatici in grado di replicare capacità e comportamenti tipici del pensiero umano, come l’elaborazione del linguaggio, il riconoscimento vocale e la visione artificiale, ha un impatto notevole sui diversi ambiti della nostra società, come l’economia, il lavoro, la comunicazione e la salute.
L’utilizzo dell’AI può inoltre contribuire a importanti benefici in tema di sostenibilità sociale, economica e ambientale. Le tecnologie non sono buone o cattive in assoluto: è l’uso che ne viene fatto a fare realmente la differenza. Questo principio si applica anche all’AI che, se sfruttata in modo etico, può essere una valida alleata per il raggiungimento di molti obiettivi legati alla sostenibilità.
L’impiego dell’AI nel comparto zootecnico, in particolare, permette l’incontro tra l’intelligenza umana e quella degli animali. Molti uccelli hanno capacità cognitive che corrispondono o addirittura superano quelle dei mammiferi: corvidi e pappagalli rivaleggiano con le grandi scimmie in molti campi cognitivi e psicologici; sono in grado di fabbricare strumenti, hanno capacità di problem solving, si riconoscono allo specchio, utilizzano la propria esperienza per anticipare il comportamento dei loro simili e dell’uomo.

Recentemente è stato scoperto che i pulcini sono dotati di abilità numeriche, riuscendo a distinguere, tra due insiemi, qual è quello che contiene maggiori elementi al suo interno. A dimostrazione di questa capacità di contare (o meglio, di distinguere un gruppo con 3 elementi rispetto a quello con 2) basta osservare che il pulcino, appena liberato in un capannone, si dirige senza alcun indugio verso il gruppo più numeroso, scelta assolutamente corretta in base al suo istinto di sopravvivenza, che gli suggerisce appunto di andare a unirsi al gruppo più numeroso, che gli assicura maggiore protezione e maggior calore.
Ogni anno nel mondo vengono allevati 25 miliardi di polli; questi animali, oltre a possedere una grande sensibilità e intelligenza, sono anche molto vocali e socievoli fra loro.
Se si trovano in difficoltà, emettono un particolare verso per richiamare l’attenzione dei compagni e chiedere loro soccorso: questo verso risulta essere unico nel suo genere ed è emesso a una tonalità più alta rispetto agli altri versi, tanto da poter essere distinto chiaramente anche dall’orecchio umano.

In condizioni di notevole affollamento, come quelle che si verificano negli allevamenti, e in presenza di molteplici richiami di soccorso, affidarsi all’orecchio umano non è possibile. Per questo motivo un team di ricercatori giapponesi ha messo a punto uno strumento di “deep-learning” per identificare in maniera automatica le chiamate di aiuto emesse dai polli all’interno del capannone. Lo strumento è stato “addestrato” grazie a registrazioni dei richiami di aiuto emessi dai polli e individuati come tali dall’orecchio umano.
Questa tecnologia potrebbe aumentare gli standard di benessere e di qualità della vita negli allevamenti, non solo quelli di polli, ma anche quelli di tacchini e maiali, specie altrettanto vocali.
Grazie alla selezione genetica, l’efficienza alimentare delle galline è notevolmente aumentata, raggiungendo un indice di conversione mediamente di 2 kg mangime/1kg di uova con le attuali linee ibride. Poiché è stato suggerito che questo miglioramento possa essere correlato al peso corporeo degli uccelli e al peso dei loro organi, un test ha accertato che sia l’assunzione di mangime che il rapporto di conversione del mangime, avevano una correlazione significativamente positiva con il peso delle galline, dimostrando che le più efficienti in questo senso erano le più leggere. È stata riscontrata anche una relazione positiva tra peso vivo e peso del fegato, dell’intestino e del grasso addominale.
Questi dati, insieme alle conoscenze relative alla grelina, alla leptina e alle sirtuine, stanno permettendo all’AI di elaborare un algoritmo in grado di permettere la formulazione di un premix proteico enzimatico polifenolico in grado di garantire sempre il giusto apporto di precursori oligopeptidici essenziali per la corretta sintesi di leptina, grelina e sirtuine, tutte molecole di natura peptidica. La grelina, ormone prodotto dal fegato, in grado di stimolare il rilascio dell’ormone della crescita, che a sua volta agisce sull’ipotalamo, è direttamente coinvolta nella regolazione del centro della fame, tanto da essere spesso definita come “ormone della fame”: se ne rilevano concentrazioni ematiche più elevate, infatti, prima dei pasti. La leptina è prodotta dalle cellule adipose e la quantità rilasciata è direttamente correlata alla quantità di grasso corporeo: più grasso è presente, maggiore sarà la leptina in circolo. In linea teorica, quindi, all’aumentare della leptina dovrebbe corrispondere una progressiva riduzione dell’appetito, nell’ottica di mantenere un peso corporeo normale.

Appetito e sazietà sono tuttavia due sensazioni che derivano da complesse interazioni tra numerosi ormoni, non solo dalla leptina, che è il messaggero della sazietà, e dalla grelina, che stimola l’appetito. Le sirtuine sono altri peptidi, presenti a livello del nucleo cellulare dei mitocondri e del citosol, e sono le vere responsabili della longevità cellulare, che promettono di allungare la vita delle galline, impedendo sia l’accumulo di grasso nel fegato, che l’aumento della produzione e il deposito di grasso nel tessuto adiposo.
Questo meccanismo di fame/sazietà può essere facilmente compromesso da alcuni fattori, primo fra tutti quello degli interferenti endocrini, molecole estranee che possono andare a occupare i recettori ormonali e procurare eccessivo accumulo di grasso o disoressia. In questo campo l’AI potrebbe essere utilizzata efficacemente.

La sostenibilità, qualunque sia l’impresa o l’attività, è un criterio che deve tener conto di una molteplicità di aspetti, da quello economico a quello sociale e ambientale. Nel caso delle produzioni zootecniche, un aspetto che deve essere preso in considerazione è quello che riguarda il benessere animale, che, vale la pena ricordare, si traduce nel rispetto di alcuni punti fondamentali: libertà dalla fame e dalla sete, assenza di dolore e malattie, possibilità di esprimere i propri comportamenti naturali, mancanza di comportamenti di discomfort, di paura e di stress.
Il benessere animale e la sostenibilità ambientale sono due aspetti strettamente interconnessi. L’attenzione al benessere riduce l’incidenza delle malattie e migliora le prestazioni produttive e riproduttive, riduce lo spreco di alimenti destinati agli animali, riduce lo scarto di prodotto per cattiva qualità.
In conclusione si può affermare che perseguire il miglioramento del benessere animale, anche attraverso l’AI, è una delle principali strategie di riduzione dell’impatto ambientale degli allevamenti zootecnici, e la strada maestra per la sostenibilità del settore.