Intervenire in supporto degli allevatori italiani

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Coldiretti lancia l’allarme per gli allevatori che vedono la guerra in Ucraina tagliare fino al 10% le razioni di mangime e che si trovano a fronteggiare la peggiore crisi alimentare per gli animali dalla fine del secondo conflitto mondiale a causa dell’esplosione dei costi e del blocco alle esportazioni di mais dall’Ucraina e anche dall’Ungheria, con una decisione unilaterale di Budapest che compromette il mercato unico europeo e mina le fondamenta stesse dell’Unione europea. 

Con la decisione dell’Ungheria di ostacolare le esportazioni nazionali di cereali, soia e girasole, è a rischio un allevamento tricolore su quattro che dipende per l’alimentazione degli animali dal mais importato dall’Ungheria e dall’Ucraina che hanno di fatto bloccato le spedizioni e rappresentano i primi due fornitori dell’Italia del prezioso e indispensabile cereale. Dall’Ungheria sono arrivati in Italia ben 1,6 miliardi di chili di mais nel 2021, mentre altri 0,65 miliardi di chili dall’Ucraina per un totale di 2,25 miliardi di chili, che rappresentano circa la metà delle importazioni totali dell’Italia che dipende dall’estero per oltre la metà (53%) del proprio fabbisogno.

L’Italia è costretta ad importare materie prime agricole a causa dei bassi compensi riconosciuti agli agricoltori, costretti a ridurre di quasi 1/3 la produzione nazionale di mais negli ultimi 10 anni durante i quali è scomparso un campo di grano su cinque con la perdita di quasi mezzo milione di ettari coltivati perché molte industrie hanno preferito continuare ad acquistare per anni in modo speculativo sul mercato mondiale, approfittando dei bassi prezzi degli ultimi decenni, anziché garantirsi gli approvvigionamenti con prodotto nazionale attraverso i contratti di filiera sostenuti da Coldiretti.

L’aumento delle quotazioni dei cereali, ai massimi da un decennio, sta mettendo in ginocchio gli allevatori italiani che – evidenzia Coldiretti – devono affrontare aumenti vertiginosi dei costi a fronte di compensi fermi su valori insostenibili”. 

“Una crisi che colpisce un sistema che ogni giorno lavora per garantire un settore che complessivamente tra latte, carne e uova genera un giro d’affari di circa 40 miliardi di euro ed è ai primi posti nel mondo per qualità e sostenibilità. La stabilità della rete zootecnica italiana e degli allevatori ha un’importanza che non riguarda solo l’economia nazionale ma ha una rilevanza sociale e ambientale”– ha affermato il presidente Coldiretti Ettore Prandini.

Intanto la Ue chiede di aumentare la produzione di mais e grano 

La decisione è avvenuta in seguito della riunione informale tra i Capi di Stato o di Governo a Versailles, in Francia, con la quale si pone l’obiettivo di “migliorare la nostra sicurezza alimentare riducendo la nostra dipendenza dalle importazioni dei principali prodotti agricoli e dei fattori produttivi, in particolare aumentando la produzione di proteine vegetali dell’Ue con l’invito alla Commissione a presentare quanto prima opzioni per affrontare l’aumento dei prezzi alimentari e la questione della sicurezza alimentare globale”.  

È importante l’impegno dell’Unione Europea nel difendere la sovranità alimentare per rendere l’Europa più autosufficiente dal punto di vista degli approvvigionamenti di cibo, in un momento di grandi turbolenze, ma garantendo però elevanti standard di sicurezza alimentare sia nella produzione interna che in quella importata a garanzia delle imprese e dei consumatori europei. La possibilità di aumentare la produzione interna è stata prospettata da Coldiretti anche in occasione del tavolo sull’emergenza grano convocato al Ministero delle Politiche Agricole dal Sottosegretario all’agricoltura Gian Marco Centinaio sulla carenza di materie prime.

Prandini ha proposto all’industria alimentare e mangimistica di lavorare da subito a contratti di filiera con impegni pluriennali per la coltivazione di grano e mais e il riconoscimento di un prezzo di acquisto “equo”, basato sugli effettivi costi sostenuti nel rispetto della nuova normativa sulle pratiche sleali, per consentire di recuperare livelli produttivi già raggiunti nel passato. Un impegno che consentirebbe agli allevatori di ridurre sensibilmente la dipendenza dall’estero. Bisogna fare di tutto per non far chiudere le aziende agricole e gli allevatori sopravvissuti con lo sblocco di 1,2 miliardi per i contratti di filiera già stanziati nel Pnrr, ma anche incentivando le operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito delle imprese agricole a 25 anni attraverso Ismea, riducendo le percentuali IVA per sostenere i consumi alimentari, prevedendo nuovi sostegni urgenti per filiere più in crisi a causa del conflitto e del caro energia e fermando le speculazioni sui prezzi pagati degli agricoltori con un efficace applicazione del decreto sulle pratiche sleali.

In tale ottica, secondo le parole di Prandini, va sottolineato l’impegno del Ministro delle Politiche Agricole Stefano Patuanelli che ha accolto in Consiglio dei Ministri le proposte per incentivare operazioni di ristrutturazione e rinegoziazione del debito bancario delle imprese agricole, adottare misure per sostenere la domanda interna, finanziare specifiche misure a favore delle filiere più esposte e appunto sostenere il potenziamento delle produzioni nazionali.

Fonte: Coldiretti