Il mondo dimenticato: l’industria delle uova nei Paesi meno svi-luppati

Hans-Wilhelm Windhorst - L’autore è Direttore Scientifico del WING all’Università Veterinaria di Hannover e Professore Emerito all’Università di Vechta, Germania

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Le analisi sulle dinamiche dell’industria delle uova spesso non prendono in considerazione i Paesi meno sviluppati (LLDC = least developed countries). In questo articolo viene analizzato il loro ruolo all’interno dell’industria mondiale.

Le analisi riguardanti le dinamiche e i modelli dell’industria mondiale delle uova si concentrano quasi esclusivamente sui Paesi leader in questo campo. Questo articolo vuole ovviare alla scarsa attenzione dedicata ai Paesi meno sviluppati (LLDC)[1], analizzandone le dinamiche in dettaglio.

Ampio divario tra contributo alla popolazione mondiale e produzione di uova

Nel 2018, 31 dei 46 Paesi meno sviluppati erano africani, 9 si trovano in Asia e 5 in Oceania: con una popolazione di 1 miliardo di persone, essi contribuivano per il 13,2% alla popolazione mondiale. I Paesi avevano un inventario di galline ovaiole pari a 480,4 milioni, che hanno prodotto 1,9 milioni di tonnellate di uova (Tabella 1). Lo squilibrio tra la popolazione e la produzione di uova è evidente.

Se diamo uno sguardo alla situazione a livello continentale, la grande differenza tra la loro quota di partecipazione, le scorte di galline ovaiole e la produzione di uova diventa ancora più evidente (Tabella 2). La popolazione più numerosa era quella dell’Africa, seguita da Asia, Oceania e Americhe. La classificazione era la stessa per quanto riguarda le scorte di galline ovaiole e la produzione di uova. In Africa, i Paesi LLDC hanno contribuito per il 30,2% all’inventario delle galline ovaiole e per il 21,1% alla produzione di uova. Anche in Asia la quota di produzione di uova era molto inferiore a quella della popolazione del continente. Il divario era ancora più ampio in Oceania e ad Haiti, l’unico Paese LLDC delle Americhe.

Un confronto tra la quota degli inventari di galline ovaiole e quella della produzione di uova rivela la scarsa efficienza dell’allevamento di galline ovaiole nei LLDC rispetto ai Paesi industrializzati e ai Paesi di soglia. Le razze locali, la minore qualità dei mangimi e la mancanza di servizi veterinari sono le ragioni principali di questa scarsa efficienza.

In molti Paesi dominano i piccoli allevamenti domestici. In Asia, le piccole aziende agricole rappresentano una continua minaccia per l’introduzione e la diffusione del virus dell’Influenza Aviaria. Si presume, tuttavia, che i dati disponibili relativi all’inventario e alla produzione siano troppo bassi e non siano necessariamente un indicatore di una disponibilità insufficiente di uova per la popolazione rurale. In molte piccole aziende agricole, inoltre, le galline ovaiole sono galline a doppio uso in quanto allevate sia per la produzione di uova che di carne.

Alta concentrazione regionale nell’allevamento di ovaiole

Bisogna scendere a livello nazionale per avere un’idea della distribuzione irregolare degli inventari delle galline ovaiole. Tra il 2008 e il 2018 l’inventario delle ovaiole dei Paesi LLDC è aumentato di 157,8 milioni di capi ovvero del 48,9% (Tabella 3). A questa crescita i dieci Paesi leader hanno contribuito con 139,8 milioni di capi. L’aumento in assoluto più alto lo hanno fatto registrare il Bangladesh con 81,5 milioni di capi (+70,3%) e la Birmania con 35,9 milioni (+73,6%). Tassi di crescita assoluti elevati si sono riscontrati anche in Nepal (+7,3 milioni) e in Mozambico (+6,1 milioni). Il Bangladesh e la Birmania hanno contribuito insieme per l’84,0% alla crescita complessiva delle scorte di ovaiole nei Paesi meno sviluppati nella decade presa in esame.

L’alto grado di concentrazione regionale è degno di nota: è aumentato dal 77,2% all’81,0%. I due principali Paesi, Bangladesh e Birmania, erano in una posizione dominante: il loro contributo alle scorte dei Paesi meno sviluppati è cresciuto dal 51,1% al 58,7%.

Il paragrafo seguente mostrerà che in entrambi i Paesi la produzione di uova è aumentata più rapidamente delle scorte, un indicatore della crescente efficienza dell’industria delle uova.

Elevata concentrazione regionale anche nella produzione di uova

La Tabella 4 elenca i dieci tra i Paesi LLDC che hanno maggiormente contribuito alla produzione di uova nel 2008 e nel 2018. Nella produzione anche la concentrazione regionale è aumentata. Un confronto tra composizione e classificazione dei paesi rivela diversi modelli e cambiamenti notevoli.

La Birmania si è classificata al primo posto davanti al Bangladesh, nonostante il numero molto più basso di capi, seguita da Tanzania e Nepal. Questi due Paesi potrebbero anche aumentare considerevolmente il loro volume di produzione. Mentre la quota della Birmania nel volume di produzione totale dei Paesi meno sviluppati è aumentata solo del 5,7%, il Bangladesh ha guadagnato l’8,8%. In entrambi i Paesi, l’efficienza della produzione di uova è cresciuta considerevolmente. Tra il 2008 e il 2018 la produzione di uova dei Paesi LLDC è aumentata di 878.000 tonnellate, pari al 77,0%. A questa crescita hanno contribuito i due Paesi leader con 626.300 tonnellate, pari al 74,8%. In entrambi i Paesi l’aumento assoluto è stato molto simile, ma le scorte di galline ovaiole in Birmania sono cresciute solo di 35,9 milioni di capi rispetto agli 81,5 milioni di capi del Bangladesh.

Ovviamente l’efficienza della produzione di uova in Birmania è stata superiore a quella del Bangladesh. Gli investimenti di capitale del gruppo thailandese CP e l’uso di galline ibride costituiscono i principali fattori di orientamento alla base della differente dinamica. La concentrazione regionale nella produzione di uova era simile a quella negli inventari delle galline ovaiole. Nel 2008 i due Paesi leader hanno condiviso il 41,3% della produzione complessiva di uova dei Paesi meno sviluppati; nel 2018 era già al 55,8%, risultato delle notevoli dinamiche di Birmania, Bangladesh e Nepal.

Galline per abitante: una misura di autosufficienza con le uova?

Sfortunatamente non sono disponibili dati sul consumo pro capite di uova per i Paesi meno sviluppati, quindi è impossibile calcolare il tasso di autosufficienza. Si può tentare però di stimarlo, calcolando il numero di galline ovaiole per abitante (Tabella 5). Si deve tuttavia considerare che non sono stati pubblicati dati sui tassi di deposizione delle galline in questi Paesi.

Supponendo che in Tanzania una gallina ovaiola in un allevamento domestico deponga 120 uova all’anno, si otterrebbe una media di 35 uova annue per persona. Il rapido aumento della produzione in Birmania e in Bangladesh (vedi Tabella 4) è dovuto all’elevato numero di galline per abitante. Un confronto a livello di continente rivela che l’Africa, con solo 0,4 galline per persona, si colloca molto dietro rispetto all’Asia e all’Europa e documenta il problema di fornire alla popolazione africana preziose proteine animali.

Un confronto dei dati tra Germania e Paesi Bassi mostra l’estrema autosufficienza dei Paesi Bassi e spiega perché sono il primo Paese esportatore di uova in tutto il mondo. Nonostante un tasso di deposizione di 290 uova per gallina, la Germania ha dovuto comunque importare grandi quantità di uova a causa di un consumo pro capite annuo di 235 uova. In tutta Europa, l’industria delle uova produce eccedenze e permette l’esportazione.

Su scala globale, il rapporto tra produzione e consumo sembra essere equilibrato. Un’analisi dettagliata a livello nazionale dimostrerebbe che il tasso di autosufficienza è notevolmente diverso. Il divario tra i Paesi Bassi e la Repubblica Centrafricana, per citare due posizioni estreme, è incredibilmente ampio.

Bibliografia e consigli di lettura

Database FAO: www.faostat.org.

Windhorst, H.-W.: Emerging Markets Countries. Dynamics and Patterns of the Egg Industry. (= WING – Beiträge zur Geflügelwirtschaft 23). Vechta 2020. (https://wing.tiho-hannover.de/pdf_files/wing-beitraege-heft-23_860_1.pdf).

[1] Una lista dei Paesi meno sviluppati è disponibile su http://www.fao.org/faostat/en/#data/QL.