Gli antibiotici (AB) sono farmaci antimicrobici usati per trattare le infezioni batteriche. Negli anni ‘30, un sulfonamide fu il primo prodotto disponibile in commercio per il trattamento delle infezioni causate da batteri Gram-positivi.
A metà degli anni ‘40 fu introdotta la penicillina su larga scala segnando l’inizio dell’era degli antibiotici. In seguito alla loro scoperta e al loro utilizzo nei prodotti per la salute umana e animale, gli antibiotici sono stati impiegati per combattere le infezioni batteriche, sia impedendo la formazione della parete cellulare dei batteri (effetto battericida) che fermandone la replicazione (effetto batteriostatico).
Questo articolo indica come affrontare con successo un tipo di allevamento senza o con ridotto uso di antibiotici, oltre a fornire una panoramica sulla storia e sulle dinamiche di questo nuovo tipo di gestione.
Resistenza agli antibiotici e malattie di origine alimentare
La resistenza agli antibiotici è un antico fenomeno naturale che si è evoluto molto prima che gli antibiotici fossero disponibili per il trattamento di malattie umane o animali. Si verifica quando un organismo batterico sviluppa la capacità di resistere agli effetti di uno o più antibiotici a cui un tempo era sensibile. Di conseguenza, le malattie causate da batteri resistenti agli antibiotici sono difficili da trattare, comportando infezioni persistenti, segni clinici gravi, costi di trattamento più elevati e aumento della mortalità. La resistenza agli antibiotici è una minaccia globale sempre più seria per la salute pubblica e animale, e pertanto si riconosce la necessità di adottare misure per ridurne l’uso, consentendone un utilizzo parziale, in modo giudizioso, per preservane l’efficacia. La resistenza agli antibiotici può essere descritta come una specie di competizione fra batteri, mediante la quale alcuni microrganismi ottengono un vantaggio selettivo producendo i propri antibiotici che inibiscono o eliminano altri batteri concorrenti. Sebbene la resistenza agli antibiotici si manifesti in modo naturale, numerosi studi hanno evidenziato che attualmente il fenomeno è in aumento per i minori investimenti in ricerca, per le difficoltà a produrre nuovi principi attivi, per la prevenzione inadeguata delle malattie e per il loro utilizzo eccessivo, nell’uomo e negli animali.
La crescita del fenomeno dell’antibiotico-resistenza ha incrementato anche i timori legati alle malattie di origine alimentare causate da patogeni enterici. Batteri enterici come Salmonella e Campylobacter, che si trovano comunemente nell’intestino del pollame e animali selvatici, possono diffondersi alle persone attraverso prodotti alimentari contaminati. Un numero crescente di ceppi resistenti di Campylobacter è stato segnalato negli Stati Uniti, in Canada e in Europa. Altri batteri enterici contengono enzimi che consentono loro di diventare resistenti a varie penicilline e cefalosporine. Le specie di Salmonella non tifoide possono essere resistenti a ceftriaxone, ciprofloxacina e molti altri antibiotici. Le infezioni enteriche più gravi e difficili da trattare sono causate da batteri particolarmente resistenti ai carbapenemi, che sono poi diventati resistenti a quasi tutti gli antibiotici oggi disponibili. Nel 2013, il Department of Health and Human Services degli Stati Uniti, Centers for Disease Control and Prevention (CDC), ha stimato che i microrganismi provenienti da cibo e animali hanno causato un quinto delle infezioni resistenti nelle persone.
Per combattere la minaccia della diffusione di malattie infettive, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha raccomandato un approccio olistico e multifattoriale denominato “One Health”. Si basa su un criterio collaborativo, multisettoriale e transdisciplinare, attuato su scala locale, nazionale e globale per ottenere i migliori risultati per persone, animali, piante e ambiente. Il Grafico 1 mostra il collegamento tra la salute umana, animale e ambientale secondo questo approccio, ampiamente supportato e considerato necessario per controllare la diffusione della resistenza agli antibiotici e garantire il futuro di una produzione alimentare animale sicura e sostenibile.
Resistenza antimicrobica e percezione del consumatore
Antimicrobico è un termine usato per descrivere i farmaci che agiscono contro vari microrganismi come batteri, virus, funghi e parassiti. Resistenza antimicrobica (AMR) è un termine più ampio impiegato per descrivere la resistenza ai farmaci contro batteri e altri microrganismi come funghi, parassiti e virus. Pertanto, la resistenza agli antibiotici è una componente della resistenza antimicrobica, regolarmente utilizzata nella letteratura scientifica e popolare per riferirsi alla minaccia emergente e crescente di diverse tipologie di microrganismi resistenti, che non si limita ai soli batteri. C’è un crescente dibattito sui potenziali pericoli che potrebbero derivare da prodotti alimentari di origine animale contaminati da “superbatteri” in grado di causare gravi malattie. Sebbene vi siano prove limitate, recenti episodi documentati di tossinfezioni alimentari attribuite a prodotti a base di pollame hanno aumentato le percezioni sfavorevoli e ridotto la fiducia dei consumatori. Di conseguenza, tutti questi problemi hanno attratto l’attenzione di politici, esperti di marketing, rivenditori e responsabili della ristorazione che sono ben in sintonia con le esigenze dei consumatori e le opportunità commerciali. Le Agenzie di Regolamentazione hanno stabilito nuove restrizioni e requisiti, che continuano a essere aggiornati e modificati per garantire la sicurezza alimentare. Il Grafico 2 mostra i principali gruppi coinvolti nella discussione e nell’evoluzione dell’opinione pubblica e delle conoscenze.
C’è un crescente interesse per i prodotti alternativi agli antibiotici, che ha creato una nuova fiorente industria e la disponibilità di numerose sostanze – con vari presunti attributi benefici – che possono essere utilizzate negli animali di tutte le età.
La ricerca e lo sviluppo di prodotti alternativi per ridurre la necessità e l’uso di antibiotici negli animali da allevamento (modulatori immunitari, sostanze fitochimiche, probiotici, prebiotici, flora intestinale normale, estratti di lievito, ecc.), hanno portato alcuni vantaggi, e anche se i risultati sono variabili e si rendono necessarie ulteriori ricerche per massimizzare i loro benefici nelle diverse condizioni sul campo, i prodotti alternativi vengono utilizzati dai produttori di tutto il mondo da soli, o più comunemente in combinazione, come parte di programmi coordinati di gestione della salute degli animali.
La zootecnia in generale, e l’avicoltura in particolare, hanno risposto alle preoccupazioni per la salute pubblica e alle richieste dei consumatori implementando delle linee guida per un uso giudizioso e prudente degli antibiotici e strategie di produzione che ne eliminino o riducano al minimo l’utilizzo. Resta da dimostrare l’effetto di tali cambiamenti sulla popolazione umana, ovvero, se ridurranno o meno il rischio di resistenza antimicrobica. È però evidente che in avicoltura è cominciata una nuova era, caratterizzata da una significativa riduzione dell’utilizzo di antibiotici e/o da una produzione antibiotic-free. Oggi c’è un impegno ancora più forte da parte dei produttori e professionisti del settore avicolo per proteggere la salute pubblica e promuovere la trasparenza e la comunicazione con i consumatori.
Gestione etica del pollame
I veterinari e le organizzazioni sanitarie di tutto il mondo concordano sull’importanza di un uso giudizioso degli antibiotici e ne promuovono un utilizzo efficace con pratiche attentamente pianificate ed eseguite in aree come la vaccinazione, il monitoraggio sanitario, la diagnostica, la biosicurezza, l’allevamento e i programmi di gestione. I veterinari avicoli operano in genere su gruppi di volatili piuttosto che su singoli animali, e pertanto, devono:
- condurre visite mediche appropriate e tempestive alla struttura in cui sono accasati i soggetti;
- esaminare alcuni volatili rappresentativi e valutare le cartelle cliniche e le registrazioni dei dati di laboratorio o diagnostici;
- consultarsi con le persone che forniscono assistenza e cura ai soggetti per avere informazioni sui programmi di controllo sanitario in corso.
Per ogni specifico antibiotico o antimicrobico utilizzato negli animali da allevamento, i requisiti normativi stabiliscono un particolare momento di “non uso di antibiotici”, noto anche come “periodo di sospensione” prima della macellazione. Questo periodo è il tempo necessario al soggetto per eliminare ogni traccia nei tessuti in modo che non rimangano residui dopo la loro trasformazione in alimenti per il consumo umano. I veterinari assistono i produttori assicurando che gli antimicrobici siano somministrati nel rispetto dei tempi di sospensione stabiliti per ogni specifico prodotto. Un’ulteriore supervisione (verifica della conformità) è condotta dalle autorità sanitarie coinvolte nel monitoraggio, rilevamento e controllo dei residui nei prodotti avicoli. È interessante notare che molti rivenditori e consumatori negli Stati Uniti non sono consapevoli del fatto che, in virtù dei requisiti normativi, tutta la carne di pollo in commercio non contiene antibiotici o residui e che gli animali sono allevati nell’ambito di programmi sanitari preparati da veterinari avicoli autorizzati.
In Europa e in altre parti del mondo esiste una legislazione simile che richiede che tutti gli antibiotici siano prescritti da un veterinario che deve seguire delle linee guida specifiche: può prescrivere antibiotici soltanto a scopo terapeutico e unicamente per gli allevamenti sotto la sua sorveglianza, benché ci sia una normativa specifica anche per i casi nei quali il pollame viene affidato alle cure di un altro veterinario designato. Da molti anni, nel Regno Unito, sono operativi organismi del settore come RUMA, Responsible Use of Medicines in Agriculture Alliance, che è membro associato della Piattaforma europea per l’uso responsabile dei medicinali negli animali (EPRUMA). Anche le altre organizzazioni veterinarie europee, come la British Veterinary Poultry Association (BVPA) si sono dotate di linee guida specifiche per l’uso di antibiotici, che vengono regolarmente aggiornate.
Nonostante tutto l’impegno messo nella prevenzione, alcuni allevamenti si ammalano e il trattamento antibiotico diviene un’opzione necessaria e giustificabile per il veterinario avicolo. Una tendenza in crescita nella filiera alimentare è la richiesta di carne avicola o uova prodotte senza antibiotici (NAE) e, in generale, tali prodotti si caratterizzano per il prezzo superiore. Quando un gruppo di volatili si ammala e deve essere trattato con antibiotici per motivi di salute e benessere, i prodotti che ne derivano non possono essere etichettati come NAE ed entrare in quel mercato. Di conseguenza, questo crea un dilemma economico per i produttori, poiché la carne o le uova prodotte devono essere dirottate verso altri settori di mercato che li possano accettare; vengono poi generalmente vendute a un prezzo inferiore, anche se i tempi di sospensione richiesti sono stati rispettati e non vi sono residui nei prodotti prima della loro entrata nella catena alimentare. I veterinari prestano giuramento, dichiarando di usare le loro conoscenze scientifiche e la loro esperienza a beneficio della società, per proteggere la salute e il benessere degli animali, per la prevenzione e il sollievo dalle sofferenze, per la conservazione delle produzioni, la salvaguardia della salute pubblica e il progresso nelle conoscenze delle cure mediche. Pertanto i veterinari, per essere coerenti con il loro impegno professionale e obbligo etico, devono essere in grado di prescrivere piani di trattamento adeguati per mantenere la salute e il benessere degli animali, compreso l’uso di un antibiotico quando questa opzione è giustificata.
Il problema delle resistenze agli antimicrobici rappresenta una responsabilità condivisa dai veterinari, dalle Agenzie di regolamentazione dei farmaci e dai responsabili della produzione avicola. L’impegno per l’uso degli antimicrobici in modo prudente e la collaborazione continua tra tutte le parti interessate sono essenziali per garantire il benessere degli avicoli e il futuro del settore.
Sfide e opportunità della produzione senza o con un uso ridotto di antibiotici
Il passaggio alla produzione senza antibiotici o alla loro riduzione non è esente da problemi. In varie relazioni si suggerisce che l’allevamento avicolo senza antibiotici potrebbe ridurre le prestazioni rispetto ai programmi tradizionali (cioè l’uso prudente di tutti i farmaci approvati). Ciò è probabilmente dovuto a una maggiore mortalità dovuta a infezioni neonatali e/o a un’incidenza superiore di problemi di salute intestinale come la coccidiosi e l’enterite necrotica; inoltre, ci si preoccupa per gli impatti negativi che questo tipo di produzione potrebbe avere sul benessere degli animali. Dall’inizio della produzione senza o con ridotto uso di antibiotici si è acquisita una maggiore esperienza e conoscenza negli allevamenti, identificando i fattori chiave, aggiornando le pratiche, sviluppando nuove strategie di prevenzione delle malattie e apportando miglioramenti graduali.
Studi recenti ed esperienze sul campo hanno dimostrato che producendo senza antibiotici è possibile ottenere in termini di costi prestazioni ed efficienza simili ai sistemi tradizionali. Negli ultimi anni ci sono state molte pubblicazioni scientifiche e di settore sulle strategie per riuscire a produrre antibiotic-free con successo. Il raggiungimento di questo obiettivo dipende da una revisione completa e dall’introduzione di miglioramenti nelle seguenti aree:
- pratiche di gestione (per riproduttori, incubatoi e polli da carne);
- qualità del pulcino;
- controlli dell’ambiente di allevamento;
- gestione e trattamento della lettiera;
- qualità dell’acqua, composizione e distribuzione del mangime;
- sviluppo e salute gastrointestinali (compreso il microbiota intestinale);
- biosicurezza, vuoto sanitario tra i gruppi, pratiche di pulizia e disinfezione;
- controllo della coccidiosi e dell’enterite necrotica;
- prevenzione delle condizioni immunosoppressive;
- uso di prodotti alternativi (additivi per mangimi per promuovere la salute dell’intestino);
- monitoraggio del comportamento, della salute e delle prestazioni dei gruppi allevati;
- sicurezza alimentare prima della macellazione.
L’avicoltura continua a prosperare e, con l’aumento della popolazione mondiale, la domanda di proteine animali sicure, convenienti e nutrienti continua ad aumentare, in particolare nelle economie in via di sviluppo. I prodotti avicoli sono destinati a divenire la proteina preferita a livello globale. Di conseguenza, i professionisti del settore e i responsabili della produzione dovranno probabilmente confrontarsi con ulteriori requisiti normativi e con nuove richieste del mercato. L’industria deve continuare ad evolversi attraverso l’innovazione, la comunicazione, la trasparenza e la tecnologia.
Per concludere
Orientarsi su un percorso in continua evoluzione di un settore può sembrare un compito arduo. Tuttavia, concentrandosi sull’attenzione ai dettagli, su un fermo impegno per il benessere degli animali e sulla responsabilità di una gestione etica, è possibile affrontare con successo le opportunità e le sfide presentate da una produzione avicola orientata alla riduzione dell’uso di antibiotici e antibiotic-free.
L’articolo completo è disponibile QUI.