Benessere animale per una maggiore sicurezza e qualità degli alimenti

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Di fronte all’acquisto di un prodotto di origine animale il primo impulso del consumatore è controllare l’etichetta e le modalità di allevamento per accertarsi del benessere dell’animale. Chi acquista oggi è meno sensibile al prezzo, ma ritiene che un buon prodotto sia la diretta conseguenza di un allevamento di qualità, come è emerso dal sondaggio di AISA – Federchimica, che ha fotografato le abitudini di consumo degli italiani.

Sempre più consumatori oggi ritengono la garanzia del benessere degli animali un elemento fondamentale nelle scelte di acquisto, oltre che un aspetto da considerare nella definizione della propria dieta. Questo è parte di quanto emerso dal sondaggio che AISA – Federchimica, l’Associazione Nazionale Imprese di Salute Animale, ha realizzato, in collaborazione con SWG, per comprendere le scelte alimentari degli italiani e le loro considerazioni sul binomio allevamenti e benessere animale. I risultati, presentati nel corso del webinar “Benessere animale, per mangiare e vivere meglio” sono stati commentati insieme alla Dott.ssa Maria Caramelli dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta, al Dott. Luigi Scordamaglia, consigliere delegato di Filiera Italia e alla Senatrice Caterina Biti, vicepresidente della Commissione Agricoltura.

Quando si parla di dieta, gli italiani sembrano non avere dubbi: vince l’equilibrio della mediterranea. Gli alimenti di origine animale, stando a quanto emerge dal sondaggio, sono tra i preferiti dalla fascia di popolazione tra i 18 e 34 anni (18% del campione), che ne ha dichiarato un consumo fino a 4 volte a settimana, facendo così di carne e latticini la propria principale fonte di alimentazione.

Se quindi i prodotti di origine animale ricoprono un posto importante sulle tavole degli italiani, sono di particolare interesse anche le motivazioni di scelta al momento dell’acquisto che emergono dal sondaggio. Oltre 6 italiani su 10 dichiarano di controllare quanto viene riportato in etichetta dal produttore e di acquistare anche secondo le modalità con cui l’animale è stato allevato; un’attenzione che si fa particolarmente puntuale tra chi afferma di consumare prodotti di origine animale poco o per nulla (70%). Gli italiani che seguono una dieta povera di carne e latticini sono coloro che fanno più attenzione al fatto che il prodotto da acquistare provenga da un animale allevato a terra o all’aperto. Non manca la motivazione prezzo: meno di 3 italiani su 10 sono infatti guidati dal prezzo più basso, scegliendo sempre o spesso il prodotto di costo inferiore. La qualità viene ricercata da ben il 71% del campione, che si sincera sempre che il prodotto sia 100% made in Italy, un’eccellenza che tutto il mondo riconosce al nostro Paese (ne è convinto l’85% dei rispondenti), ma che – ne sono sicuri 9 italiani su 10 – non è sufficientemente tutelata dalle istituzioni, che dovrebbero fare di più per preservarla da imitazioni di bassa qualità (83%).

“Con l’aggravarsi della crisi economica – ha dichiarato Luigi Scordamaglia – c’è un allarmante aumento della disuguaglianza alimentare, un fenomeno da contrastare. L’accesso ad alimenti di qualità e sicuri, frutto di allevamenti che garantiscono il benessere animale, deve poter essere garantito a tutti. Per questo è importante utilizzare strumenti come la Pac e il Pnnr per accompagnare i produttori in questo percorso di evoluzione, per garantire standard sempre più elevati e far sì che i costi non ricadano interamente sul consumatore finale”.

Per gli italiani l’eccellenza dei prodotti di origine animale è strettamente connessa a un allevamento di qualità (82% dei rispondenti), ma non è così per tutti: se, infatti, per molti un buon prodotto animale o derivato è da attribuire a corrette modalità di allevamento, la percezione cambia quando viene chiesto al campione quanto oggi gli allevamenti italiani siano attenti alla salute e al benessere degli animali, con una risposta categorica: si potrebbe fare di più. Un italiano su due è convinto che nel nostro Paese ci sia poca attenzione alla salute e al benessere dell’animale. Una percezione particolarmente diffusa perché – a rilevarlo il sondaggio – solo 1 intervistato ogni 5 dichiara che gli allevatori sono molto attenti al benessere degli animali. Non è da sottovalutare un 15% degli intervistati che si dichiara convinto che gli allevamenti siano luoghi di sfruttamento e maltrattamento.

Che cosa è possibile fare quindi per tutelare maggiormente il benessere animale? Diminuire gli antibiotici, così la pensa il 55% del campione che dichiara di seguire una dieta equilibrata; seguono poi le indicazioni di diminuire il numero di animali presenti nel singolo allevamento (42%) e aumentare il monitoraggio della salute psicofisica dell’animale (38%). Nessuna esitazione quando la domanda viene rivolta direttamente al consumatore che si dichiara pronto a pagare un prezzo più alto: il 67% degli italiani non ha dubbi ed è disposto a pagare un prezzo maggiore se sull’etichetta è presente una certificazione relativa alla tutela del benessere in allevamento. Meno semplice cambiare dieta: è d’accordo e pronto a diminuire il consumo di prodotti di origine animale chi già ne consuma poco o per nulla (85%), in confronto a chi invece ne fa l’elemento principale della propria dieta, e, in questo caso, la percentuale crolla al 44%.

L’antibiotico non arriva nel piatto, conferma Maria Caramelli dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta: “in Italia l’antibiotico viene somministrato agli animali da reddito solo a seguito di visita e prescrizione del medico veterinario. Dopo una terapia antibiotica, all’animale viene dato obbligatoriamente il tempo per smaltire il farmaco che, quindi, non è mai presente nel piatto. Gli alimenti che arrivano sulle nostre tavole vengono controllati per la presenza degli antibiotici in un Piano nazionale del Ministero della Salute che ne monitora costantemente i risultati. È importante sapere, inoltre, che l’Italia è stata il primo Paese al mondo a introdurre la gestione elettronica del farmaco veterinario, dotandosi della ricetta elettronica per prescrivere un antibiotico, permettendone la rintracciabilità e garantendo il controllo degli abusi. Gli alimenti risultano di maggiore qualità quando provenienti da animali in stato di salute e di benessere e questo rappresenta un ulteriore motivo per impegnarsi in questo campo”.

Infine, i pareri sul ruolo del medico veterinario, indicano che un italiano su due ritiene che sia una figura centrale per stimolare i produttori a creare e mantenere un allevamento sostenibile e responsabile. Ne è particolarmente convinto (quasi 6 italiani su 10) chi ritiene che l’attuale sistema di tutela del benessere animale sia migliorabile. Rilevante anche la percentuale di chi pensa che sia importante monitorare la salute animale e intervenire non in modo preventivo, ma solo e unicamente all’insorgere di malattie o sintomi (23%).

“Il tema del benessere e della tutela della salute animale deve essere affrontato con attenzione e le preoccupazioni degli italiani in merito vanno certamente ascoltate. È importante sottolineare che la normativa italiana a riguardo è eccellente: i servizi veterinari e i controlli effettuati sono tra i migliori al mondo e sotto la responsabilità del Ministero della Salute. Credo sia fondamentale, in questo senso, il ruolo delle istituzioni nel comunicare tutto questo con chiarezza al consumatore, attraverso una campagna di sensibilizzazione e informazione dedicata, che sappia valorizzare i punti di forza del nostro sistema dei controlli ed evidenziare il legame tra benessere animale e qualità dei nostri prodotti”, ha commentato Caterina Biti, vicepresidente della Commissione Agricoltura.

“Assicurare la salute dei nostri animali significa anche garantire la qualità degli allevamenti e quindi dei prodotti che ne derivano. In questa partita, un ruolo cruciale è quello giocato dal medico veterinario nel monitoraggio della salute e nell’utilizzo corretto dei farmaci, una responsabilità da cui discendono una serie di ricadute tanto sull’uomo, quanto sull’ambiente. Investire oggi nella salute animale e in quella del pianeta è centrale per assicurare a tutti noi un domani in salute, in piena conformità al concetto di One Health, per tutelare le produzioni e salvaguarda il nostro made in Italy”, ha concluso Arianna Bolla, presidente di AISA – Federchimica.