Il controllo dell’umidità nei capannoni avicoli

Luigi Montella, medico veterinario

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Il Department of Poultry Science della University of Georgia ha organizzato una serie di webinar il cui tema principale è la ventilazione. In questo articolo, in particolare, viene affrontato il tema della riduzione dell’umidità per mantenere buone performance e garantire il benessere animale.

Un pollo di 21 giorni consuma giornalmente circa 125 grammi di mangime e 250 ml di acqua. È noto che il consumo di acqua è doppio di quello di mangime: infatti basta controllare il consumo idrico, se non avete le bilance sui silos, per valutare anche quello di mangime. Dell’acqua ingerita, circa il 20% viene trattenuto per la crescita, mentre il resto viene espulso in ambiente. Anche la digestione però produce acqua, che viene eliminata con le feci: quindi sostanzialmente tutta l’acqua consumata viene restituita al capannone. Per questo motivo occorre ventilare il capannone, basandosi proprio sulla quota di acqua che i polli cedono all’ambiente, in modo da eliminarla; in caso contrario, viene a formarsi ammoniaca, che, come noto, causa problemi respiratori, ai plantari, etc. 

Con una ventilazione efficace è possibile limitare l’ammoniaca, ma se arrivate al punto di dover ventilare a questo scopo, è perché si sono già create le condizioni per la sua formazione. Inoltre, la ventilazione non elimina l’ammoniaca in modo definitivo, ma la limita temporaneamente, tanto che torna facilmente ai livelli precedenti, se la ventilazione viene interrotta. La chiave per il controllo dell’ammoniaca, pertanto, sta nell’evitare che la lettiera si bagni. 

Alcuni studi hanno individuato attraverso immagini termiche i punti in cui la lettiera si bagna maggiormente, ovvero intorno agli abbeveratoi. È proprio lì che si forma ammoniaca: quindi non sotto gli abbeveratoi, dove è troppo bagnato perché i microrganismi che la generano riescano a svilupparsi, ma nelle immediate vicinanze, dove è bagnato ma non troppo. Prove eseguite in diverse aree del capannone (sotto agli abbeveratoi, alle mangiatoie o alle pareti laterali), sulla lettiera, hanno evidenziato come vicino alle pareti l’umidità sia del 25%, sotto alle mangiatoie del 20% e vicino agli abbeveratoi arrivi al 40%; i dati risultano perfettamente corrispondenti all’ammoniaca generata: 4,5 mg vicino alle mangiatoie, 5,7 mg vicino alle pareti, ma ben 12,3 mg vicino agli abbeveratoi.

Dunque, se riuscissimo a diminuire l’umidità della lettiera vicina agli abbeveratoi, raggiungendo i livelli della lettiera vicino a mangiatoie e pareti laterali, avremmo un significativo calo di ammoniaca (circa del 40-80%). 

La diminuzione dell’ammoniaca, aumentando la ventilazione, avviene secondo un rapporto diretto: raddoppiando la ventilazione si dimezza infatti l’ammoniaca presente nell’ambiente. Purtroppo però, quanto si aumenta la ventilazione, non appena la si interrompe, entro un’ora i livelli tornano quelli originali, proprio perché non si è eliminata la causa della sua formazione. Per controllare davvero l’ammoniaca, pertanto, l’unica soluzione efficace è quella di tenere asciutta la lettiera. A questo scopo possono essere utili anche certi ammendanti, soprattutto se non si cambia la lettiera tra un gruppo ed il successivo, come avviene negli USA. 

La ventilazione nella stagione fredda e in quella calda

Come si calcola la ventilazione per eliminare o diminuire l’umidità della lettiera? Fortunatamente esistono precisi rapporti su quanta aria occorre immettere nel capannone per eliminare un litro di acqua.

Una ventilazione corretta permette l’ingresso di aria fresca, che si distribuisce nel sottotetto, riscaldandosi, per poi scendere verso il centro del capannone, raccogliere umidità e ammoniaca, e venire infine emessa dai ventilatori. Tale meccanismo è molto utile anche in inverno, diversamente da ciò che si crede: una ventilazione minima ben settata, infatti, diminuisce l’umidità interna anche quando l’aria esterna proviene da un ambiente nebbioso o addirittura nevoso. 

Occorre conoscere bene la quota di umidità presente nel capannone, che viene espressa in ml/m3 di aria. La temperatura dell’aria è in diretto rapporto con la sua capacità di assorbire l’acqua: più cresce e maggiore è la quota di acqua che può assorbire; quindi , se entra aria, anche fredda e umida, ma la si riscalda facendola passare sul soffitto, si aumenta la sua capacità di assorbire acqua, e una volta eliminata dai ventilatori diminuisce l’umidità del capannone. L’aria che si riscalda sostanzialmente funziona come una spugna, che assorbe l’umidità in eccesso nel capannone. Si tenga conto che ogni 10 gradi in più dell’aria, la sua capacità di assorbire acqua raddoppia; se è noto quanta acqua occorre eliminare, si possono valutare temperatura e umidità dell’aria in ingresso e si può calcolare la ventilazione minima necessaria. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare quindi, l’aria che entra, anche con un clima umido e piovoso, è in grado, una volta riscaldatasi, di assorbire ulteriore umidità, risanando l’ambiente e di conseguenza anche la lettiera.

Quando invece la temperatura esterna è alta, occorre ricordare che l’aria esterna è già carica di acqua e che attraverso la ventilazione immettiamo aria già calda e con elevata umidità: in fase pulcinaia, per esempio, questa aria difficilmente riuscirà ad assorbire altra umidità, perché è già satura e ha caratteristiche simili a quella interna del capannone, molto umida: pertanto non può fungere da spugna.

Riassumendo, in presenza di clima freddo si può diminuire la ventilazione, perché l’aria fredda è in grado di assorbire più umidità dal capannone, mentre con climi moderati o caldi occorre raddoppiare la ventilazione per ottenere lo stesso risultato.

In sostanza, per diminuire l’umidità del capannone in presenza di una lettiera abbastanza bagnata, aumentando la velocità dell’aria, diminuiremo l’umidità dell’ambiente: la lettiera cederà più umidità e man mano andrà asciugandosi. Bisogna tenere conto che aumentare la ventilazione per diminuire l’umidità ambientale in una pulcinaia significa aumentare anche il riscaldamento per mantenere la temperatura confortevole, con un conseguente aumento dei costi. 

Conclusioni

Agire sulla ventilazione per asciugare la lettiera significa ridurre il tasso di ammoniaca, con risvolti favorevoli per le performance e il benessere animale. La ventilazione minima serve sempre a limitare o diminuire l’umidità, pertanto occorre per prima cosa stimare la quota di acqua ceduta quotidianamente al capannone dagli animali, valutando le condizioni interne ed esterne, per controllare l’umidità.

Per raggiungere lo scopo, la ventilazione deve garantire alcuni parametri: ad esempio l’aria deve entrare da ingressi disposti in maniera e con una velocità tale da farla scorrere sul soffitto, perché prima si riscaldi e possa quindi assorbire acqua abbassandosi sugli animali. Se il sistema non è ben regolato si rischia di disperdere l’aria nell’ambiente senza raccogliere umidità, con il rischio che essa ricada sui pulcini, raffreddandoli.

Ogni allevatore deve pertanto essere consapevole che una buona ventilazione rappresenta l’arma più efficace per vincere la lotta tra l’umidità prodotta nel capannone e la sua rimozione. 

Tratto da “2021 UGA Cold Weather Poultry House Ventilation System Principles, Design, and Operation Seminar”, University of Georgia, College of Agricultural & Environmental Sciences, Department of Poultry Science.