Il microbiota intestinale è fondamentale nell’influenzare diversi aspetti della fisiologia aviare. Gli studi sul microbioma sono importanti e stanno subendo un cambiamento, da studi descrittivi ad associazioni con meccanismi non più casuali. Essenziale per questo cambiamento è il diverso approccio (chimico, biologico, metabolico e microbiologico, fisiologico e immunologico) e le modalità (sia con test che con modelli di laboratorio) con cui vengono portati avanti tali studi.
Il tratto gastrointestinale, o intestino, regola l’omeostasi delle funzioni fisiche e fisiologiche, che consentono all’ospite di affrontare stressori, sia infettivi che non. Dato che l’intestino ha la maggiore superficie tra l’ambiente esterno e quello interno (ovvero lume e subepitelio), è costantemente esposto a stressori, infettivi e non, e diviene un organo immunitario attivo, che contiene più cellule immunitarie di qualsiasi altro organo dell’ospite. Il sistema mucosale intestinale è un insieme di cellule ben regolate, sia innate che acquisite, e ha una notevole capacità di rispondere e modificare situazioni a volte estreme, sviluppando varie fasi della risposta del sistema immunitario, mantenendo al contempo un microbiota simbiotico. Il microbiota infatti, fornisce gli stimoli e le regolazioni dei vari aspetti del sistema immunitario.
Immunità intestinale
Come tutti i sistemi immunitari, quello mucosale è costituito da una rete di elementi, sia innati che acquisiti. A differenza del sistema immune sistemico, quello intestinale ha due funzioni distinte: la capacità di rispondere ai patobionti (microbi potenzialmente patogeni), ai patogeni invasivi e ai prodotti microbici, mantenendo una tolleranza ai microbi intestinali commensali. Entrambi i sistemi lavorano insieme, anche se quello immune innato usa una serie di recettori (PRRs) su cellule epiteliali e immunitarie professionali (sia dendritiche che macrofagiche) site nella lamina propria, e innesca le vie immunitarie favorendo l’inibizione batterica e l’attivazione di varie cellule della serie T con immunità acquisita (Th1, Th2, Th7, Treg). Esse mantengono il microbiota esistente sotto controllo, senza però generare un’evidente risposta infiammatoria.
Le difese intestinali innate sono caratterizzate da uno ‘scudo mucosale’, che consiste in una serie di barriere che separano il lume dell’intestino dal tessuto subepiteliale. L’affidabilità di tale scudo mucosale è fondamentale per le interazioni tra i componenti del sistema immunitario e il contenuto intestinale. Il primo componente della difesa mucosale è la barriera microbiologica in cui il microbiota vive, ovvero lo strato mucosale superficiale. Questi batteri commensali forniscono resistenza verso la colonizzazione da parte di patogeni e producono composti metabolici che modulano i sintomi immunitari, promuovendo l’omeostasi. Il secondo scudo è quello chimico, che consiste nello strato mucoso che copre l’epitelio intestinale. Il muco regola il contatto tra i batteri commensali e le cellule epiteliali. La divisione tra epitelio e commensali avviene grazie all’attività del muco prodotto dalle cellule globose nell’epitelio, ai peptidi antimicrobici delle cellule epiteliali e alle IgA prodotte a livello mucosale dalle cellule dendritiche intestinali. Il terzo componente della protezione è la barriera fisica, fornita dal singolo strato delle cellule epiteliali. L’epitelio intestinale è uno strato singolo di cellule che aiutano l’assorbimento dei nutrienti e che al contempo forniscono una barriera fisica, che previene sia l’invasione dei patogeni che la traslocazione extra intestinale dei microbi commensali.
Oltre alla barriera primaria, che previene l’invasione microbica dell’intestino, le cellule epiteliali dovrebbero anche essere considerate come parte delle componenti cellulari innate del sistema immunitario, che possiede la capacità PRRs per riconoscere gli AMPS microbici, ma anche in grado di produrre citochine e chemiochine che indirizzano la risposta verso i patogeni. Le componenti finali dello scudo mucosale consistono nella barriera immunologica, dove le cellule immunitarie professionali (macrofagi, dendriti, linfociti) risiedono nella lamina propria. L’identificazione innata dei patogeni viene effettuata da macrofagi e cellule dendritiche, che presentano l’antigene alle cellule T: ne deriva una differenziazione e attivazione delle varie cellule della serie T (Th1, Th2, Th17 e Treg). Questa infiltrazione delle cellule immunitarie a livello di lamina propria è inversamente correlata al peso corporeo, il che sottolinea che questo componente finale dello scudo mucosale è inversamente correlato alla crescita, dimostrando che questo componente finale della protezione mucosale ha un costo metabolico per l’ospite e influenza le performance.
Interazioni tra microbiota e sistema immunitario
L’interazione tra ospite e microbiota che influenza il metabolismo dell’ospite, l’immunità e la sua salute, è straordinariamente complicato. Essa viene mediata dai nutrienti della dieta, dall’ospite e dal metabolismo del microbiota, oltre che da componenti strutturali microbiche, come pure da composti antimicrobici. La crescita del microbiota e le sue collocazioni anatomiche sono regolate dall’ospite tramite la produzione di peptidi antimicrobici aspecifici come la difensina, IgA e mRNAs, che modulano la trascrizione batterica e la sua crescita. I commensali nel tratto intestinale sentono l’ambiente locale e lo inducono a vie biochimiche che attivano il metabolismo, il quale permette loro di sopravvivere all’attività disattivante naturale dell’ospite. Inoltre, alcune molecole a base microbica possono promuovere processi commensali specifici, che sono utili sia all’ospite che al microbo. Allo stesso modo, l’ospite rileva i microbi che, con la produzione di molecole specifiche o di singoli componenti, tramite vie molecolari specifiche, portano all’attivazione di risposte immunitarie sia innate che acquisite. Quindi l’adattamento dei batteri commensali (come pure di virus e funghi) che vivono nell’intestino dell’ospite, ha dato luogo a una coesistenza benefica per entrambi, in caso di omeostasi.
La correlazione interdipendente tra ospite e microbiota influenza puntualmente le risposte dell’ospite nell’indurre un’immunotolleranza verso i microbi commensali, mentre mantiene una risposta attiva verso i patogeni invasivi. Alterare le comunità microbiche intestinali disturba l’equilibrio e porta a un’alterazione immunitaria, con conseguente maggiore sensibilità verso le malattie.
La capacità di rilevamento del microbiota da parte del PRRs genera una serie di meccanismi che promuovono la correlazione tra ospite e microbiota e al tempo stesso prevengono l’infezione da parte dei patogeni. I segnali microbici inducono le citochine pro-infiammatorie, come IL23 e IL-1b da parte dei macrofagi e delle cellule DC, che poi attivano IL17 e IL22, prodotte dalle cellule T, con produzione di infiammazione fisiologica. Le DC portano al microbiota gli antigeni verso le placche di Peyer e verso piccoli follicoli presenti nell’intestino aviare, dove indirizzano la differenziazione delle cellule T regolatorie (Treg) e delle cellule Th17, che, a loro volta, inducono la differenziazione delle IgA che producono plasmacellule B, che secernono ulteriori IgA.
Metaboliti basati sul microbiota e immunità
Il microbiota è direttamente coinvolto nel mantenimento dell’immunità innata funzionale dell’ospite. Il sistema immune dell’ospite risente in modo consistente dell’ambiente intestinale, che ne determina lo stato metabolico e la colonizzazione. In una situazione statica i metaboliti e/o i componenti del microbiota commensale sono riconosciuti da vari PRRs, inclusi i recettori TLRs e i recettori NLRs, che regolano le funzioni della barriera epiteliale intestinale, l’emivita delle cellule e dei fagociti, e inducono la secrezione di peptidi antimicrobici e IgA. Inoltre, i batteri benefici fermentano le fibre dietetiche, per produrre acidi grassi a catena corta (SCFA), che stimolano la produzione di citochine anti infiammatorie, le quali stimolano la produzione di cellule T regolatorie (Tregs). Infine, il microbiota influenza i primi segnali dell’attivazione infiammatoria, che conducono alla trascrizione di IL-6, come pure di pro-IL-1𝛃 e pro-IL-18. Il microbiota intestinale è coinvolto nel mantenere l’omeostasi immunitaria intestinale, grazie alla stimolazione di vari strumenti di risposta delle cellule T. Batteri filamentosi segmentati (SBF) sono potenti promotori delle cellule Th17 nell’intestino, mentre il polisaccaride A del Bacteroides fragilis commensale stimola la generazione di Tregs. In alternativa, i TLRs e NLRs possono indurre il mantenimento della tolleranza.
Infine, è chiaro che il sistema immune intestinale può anche rilevare lo stato metabolico del microbiota, riconoscendo i metaboliti di origine microbica tramite la loro PRRs. Il microbiota, tramite vie biochimiche, metabolizza sia i metaboliti che derivano dalla dieta che quelli che derivano dall’ospite, che influenzano varie componenti del sistema immunitario intestinale. Ad esempio, il microbiota converte le fibre non digeribili in SCFA, che hanno diverse funzioni antimicrobiche. Il triptofano della dieta può essere degradato dal microbiota in indolo, che promuove la funzione della barriera delle cellule epiteliali. Analogamente, il microbiota può metabolizzare l’arginina della dieta in poliammine, che inibiscono la produzione di citochine pro-infiammatorie da parte dei macrofagi.
Il microbiota converte per prima cosa gli acidi biliari epatici dell’ospite, che inibiscono la secrezione delle citochine pro-infiammatorie da parte dei DCs (cellule dendritiche) e dei macrofagi. Oltre ad avere vari recettori verso i metaboliti, l’ospite ha sviluppato un sistema immune (inflammasomi), che segnala le vie espresse da varie linee di cellule intestinali (macrofagi, DC, cellule epiteliali, cellule T), le quali riconoscono l’attività mediata dai microbi e possono stimolare l’attività antimicrobica coinvolta nella colonizzazione stabile intestinale.
Quindi, esiste una stretta connessione tra il microbiota e l’ospite, sia nella secrezione metabolica che nella recezione di segnali immunitari, ed essa ha un’influenza fondamentale nella salute animale e nel decorso delle malattie, grazie a varie funzioni fisiologiche dell’ospite.
Resistenza alla colonizzazione
I batteri commensali provvedono anche alla protezione della colonizzazione dell’ospite da parte dei patogeni esogeni, tramite un processo noto come resistenza alla colonizzazione. Sono stati identificati due meccanismi principali di resistenza alla colonizzazione; diretta, nella quale il microbiota è in competizione diretta col patogeno, e indiretta, in cui il microbiota commensale stimola i sistemi innati e acquisiti, come descritto nella sezione precedente.
La competizione diretta coinvolge vari processi, che includono: a) occupazione delle nicchie microbiche: specifici commensali microbici possono prevenire la colonizzazione dei patogeni nella mucosa intestinale, occupando le nicchie in cui i patogeni solitamente si stabiliscono; b) limitazione delle fonti di carbonio: singoli commensali, come i batterioidi, possono limitare le molecole di fucosio (zuccheri) e quindi prevenire la disponibilità di molecole glucidiche ai patogeni intestinali; c) produzione di siderofori: alcuni commensali hanno il gene per la produzione e l’acquisizione dello ione metallico tramite chelatori del ferro (siderofori), che possono trattenere il ferro limitandone la disponibilità per i patogeni, specialmente durante l’infiammazione intestinale; d) produzione di composti antimicrobici: alcune Enterobacteriaceae commensali producono composti antimicrobici, come le batteriocine, che colpiscono i patogeni; e) emissione di tossine a contatto: alcuni commensali hanno sistemi di secrezione VI (T6SS), che sono simili all’iniezione con un ago, capaci di iniettare proteine tossiche sui batteri competitori che vengono a contatto con loro.
Il meccanismo indiretto di resistenza alla colonizzazione da parte dei batteri patogeni è mediato dall’attivazione stimolata dal microbiota sull’immunità sia innata che acquisita dell’ospite. I batteri commensali possono controllare indirettamente la colonizzazione dei patogeni, stimolando la funzione della barriera intestinale e l’immunità innata, come sopra riportato. In questo caso, i batteri commensali, tramite la produzione di metaboliti o il rilascio di componenti di superficie (LPS, peptidoglicani, DNA, ecc.) sono riconosciuti dal PRRS delle cellule intestinali epiteliali e delle cellule professionali immunitarie e quindi producono mucine, IgA secretorie (slgA) e peptidi antimicrobici: tutti questi aumentano le funzioni di barriera della protezione intestinale, producendo piccoli acidi grassi (SCFA) come il butirrato, a partire dalle fibre dietetiche. Le cellule T nella lamina propria sono coinvolte nello stabilire e mantenere la resistenza alla colonizzazione.
Uno stato equilibrato di Thelper e Tregolatori viene generato da varie popolazioni di batteri commensali a livello intestinale. Ad esempio, batteri filamentosi segmentati promuovono l’immunità acquisita delle cellule T, stimolando le cellule Th17, mentre altri commensali, come il Clostridium e i Bacteroides fragilis, inducono la produzione le cellule T regolatorie, che regolano la risposta infiammatorie producendo IL-10.
Microbiota intestinale e regolazione epigenetica della funzione intestinale
L’epigenetica riguarda la modificazione genomica grazie ad alterazioni post translazionali e post transcrizionali, indotte da fattori ambientali, ma senza modificazioni delle sequenze nucleotidiche delle cellule ospiti. I meccanismi epigenetici regolano il controllo transcrizionale tramite fattori ambientali esterni come dieta, stress, malattie, infezioni e contatto tra ospite e microbiota. Mentre gli eventi epidemici non alterano il DNA, quelli epigenomici sono associati all’adesione di diversi gruppi chimici al DNA, istoni, e cromatina post traslazionale, e sono in grado di persistere per diverse generazioni. Queste alterazioni influenzano infatti sia la struttura della cromatina che gli elementi di riconoscimento delle proteine che bloccano determinate modificazioni.
Poiché il microbiota intestinale gioca un ruolo importante nel metabolismo avicolo, le alterazioni epigenetiche che provoca, derivanti dai nutrienti della dieta, potrebbero essere un fattore ambientale significativo nell’influenzare le performance e la salute degli avicoli. Sulla base degli studi fatti sui mammiferi, i metaboliti generati dal microbiota possono essere attivatori epigenetici che modificano o che inibiscono gli enzimi coinvolti nelle vie epigenetiche. Ciò può essere semplificato al meglio dalla produzione di SCFA (acetato, propionato, butirrato) prodotti dal microbiota intestinale partendo dalle fermentazioni batteriche dei carboidrati indigeribili.
ll butirrato è noto per gli effetti benefici sulla funzione della barriera intestinale, per l’attività anti-infiammatoria e quale fonte primaria di energia per le cellule epiteliali intestinali. Il butirrato regola dunque le attività biologiche dell’intestino dell’ospite fungendo da inibitore HDAC (istone deacetilasi inibitore) di NF-kB nelle cellule fagocitarie e dendritiche, stimolando la maggiore produzione di citochine anti-infiammatorie e la differenziazione delle cellule T presenti in Treg. Altri metaboliti microbici derivati da componenti dietetici, come l’acetilasi NAD dipendente, detta surtuina, sono capaci di mediare la regolazione delle modificazioni epigenetiche, inclusa la metilazione del DNA, tramite RNA non codificante, e la modificazione degli istoni, a livello della barriera intestinale dell’ospite, nei mammiferi. Occorrono altre ricerche per determinare se le modificazioni epigenetiche, mediate dal metabolismo del microbiota intestinale sulle funzioni della barriera intestinale, si verifichino anche nell’intestino avicolo.
La bibliografia è disponibile su richiesta
Dagli atti della Animal Nutrition Conference of Canada, 2019