Biosicurezza: armi strategiche da utilizzare in produzione

Dott.ssa Maria Parigi - Specialista in Tecnologia e Patologia delle specie avicole, del coniglio e della selvaggina.

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©Cobb

Nell’ottica di una produzione avicola con un impiego di antibiotici sempre più ridotto, la biosicurezza, ossia la messa in atto tutte le misure di pulizia e disinfezione volte a prevenire l’ingresso di batteri, virus o parassiti in allevamento, riveste un ruolo strategico.

Per ottenere un buon livello di protezione è necessaria l’applicazione congiunta di misure di biosicurezza esterna e interna. Nella prima categoria rientrano tutte le procedure da adottare per scongiurare l’ingresso primario dei patogeni, ossia il controllo sanitario dei mezzi di trasporto degli animali, del mangime, dello smaltimento delle carcasse e, non da ultimo, il monitoraggio degli ingressi dei visitatori esterni e del personale lavorativo. Tra le misure di biosicurezza interna rientrano invece la formazione igienico-sanitaria del personale lavorativo, l’utilizzo di robusti protocolli vaccinali e l’applicazione di adeguati cicli di pulizia-disinfezione delle strutture.

Recentemente, in uno studio europeo, circa 400 allevatori di polli da carne sono stati intervistati con lo scopo di investigare il livello medio di biosicurezza del settore e identificarne i punti deboli e di forza (Limbergen et al. 2017). Nonostante l’elevata variabilità tra i vari Stati, è emerso che, in generale, vengono investite più risorse nella biosicurezza interna rispetto a quella esterna, e che si cerca di prevenire e controllare la diffusione dei patogeni all’interno dei capannoni quasi esclusivamente mediante l’utilizzo di presidi vaccinali e solo in minor misura, applicando buone misure igienico sanitarie (Limbergen et al. 2017).

Nella pratica viene spesso sottovalutata l’importanza di far precedere alla disinfezione un’accurata pulizia e lavaggio delle strutture. I residui organici, infatti, (feci, piume, ecc..) possono andare a contrastare l’efficacia dei disinfettanti, formando una barriera di protezione e di biosicurezza per i batteri; inoltre, la persistenza di materiale organico sulle superfici può favorire la replicazione di patogeni produttori di biofilm, quali Salmonella spp. e Campylobacter spp.

Per una corretta pulizia è innanzitutto fondamentale rimuovere meccanicamente tali residui e procedere poi con la detersione delle superfici, mediante l’utilizzo di detergenti preferibilmente alcalini, perché più efficaci nella dissoluzione del materiale organico.

Con la disinfezione si cerca invece di ridurre la carica infettiva presente nell’ambiente e quindi l’eventuale persistenza dei patogeni tra un ciclo produttivo e l’altro. Tra i disinfettanti maggiormente utilizzati nel settore avicolo ci sono la formaldeide e la gluteraldeide, in quanto aventi azione battericida, sporicida e fungicida.

La prova scientifica dei benefici di una buona biosicurezza alla fine di un ciclo produttivo è stata riportata in uno studio belga condotto recentemente in 4 allevamenti di polli da carne (Luyckx et al. 2015). Tutte le strutture venivano pulite meccanicamente e chimicamente con idrossido di sodio, lavate con acqua ad alta pressione e infine disinfettate con un prodotto contenente un mix di aldeidi e alcoli. In 2 capannoni, quest’ultima fase veniva fatta precedere da un ulteriore lavaggio, ossia il capannone veniva riempito di acqua, calda o fredda, e lasciato in ammollo per tutta la notte, così da ottimizzare la successiva fase di disinfezione.

Dai risultati dell’analisi microbiologica è emerso che la conta batterica totale e la ricerca di Enterococcus spp. è risultata essere notevolmente e significativamente più bassa nei capannoni in cui era stato effettuato il lavaggio per tutta la notte rispetto agli altri, anche nelle aree considerate più critiche, come le fessure della pavimentazione, gli abbeveratoi e le canaline di scolo.

L’ulteriore fase di lavaggio ha, dunque, permesso un’azione più efficace dei disinfettanti, andando a rimuovere più in profondità i residui organici accumulati sulle superfici. Inaspettatamente, nessuna differenza è stata rilevata riguardo la temperatura dell’acqua utilizzata nella fase di lavaggio e, nei 2 capannoni ulteriormente trattati il consumo idrico è risultato essere inferiore rispetto agli altri.

Risultati sovrapponibili sono stati ottenuti in uno studio brasiliano in cui l’utilizzo di simili cicli di pulizia e disinfezione dei capannoni ha portato a una diminuzione della carica di Campylobacter spp. nell’ambiente e di conseguenza una riduzione dell’eliminazione del patogeno da parte degli animali e della contaminazione delle carcasse in fase di macellazione (Burbarelli et al. 2018).

Per quanto riguarda l’efficacia della disinfezione, è fondamentale utilizzare i disinfettanti alla concentrazione d’uso e per i tempi di contatto raccomandati; inoltre, si dovrebbe considerare di procedere con una rotazione dei principi attivi per impedire l’instaurarsi di resistenze e, quindi ,una successiva riduzione della loro efficacia nei confronti di patogeni.

La messa in atto di buone pratiche di biosicurezza durante e alla fine di un ciclo produttivo, insieme al rispetto del vuoto sanitario, è stata dimostrata essere uno strumento indiscutibile per migliorare le performance produttive degli animali e prevenire la diffusione di patologie, anche a carattere zoonotico (Burbarelli et al. 2018; Sharma B 2010). Ad una diminuzione della carica infettiva dell’ambiente corrispondono effetti benefici sul funzionamento del microbiota intestinale e del sistema immunitario dell’animale, che risulta rispondere più efficacemente alle profilassi vaccinali (Ka-Oud, Zakia, e Kamel 2008; Bragg e Plumstead 2003). Non da ultimo, ridurre la persistenza dei patogeni nelle strutture comporta una riduzione della frequenza di utilizzo degli antimicrobici e, di conseguenza, dell’instaurarsi di fenomeni di antibiotico resistenza (Gelaude et al. 2014).

La bibliografia è disponibile su richiesta.