Protezione e benessere dei polli e delle galline ovaiole in allevamento

Leonardo James Vinco - Centro di Referenza Nazionale per il Benessere Animale (IZSLER).

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Il benessere di tutte le specie allevate è regolamentato dalla Direttiva 98/58 CE riguardante la protezione degli animali in allevamento, che in Italia è stata recepita con il Decreto legislativo 146. Questa norma stabilisce principi di allevamento generali ed è la normativa di riferimento per tutte le specie e categorie avicole allevate per le quali non esistono disposizioni specifiche.

La 98/58 CE deriva dalla trasposizione in legge Europea della Convenzione del Consiglio di Europa per la protezione degli animali tenuti a scopo di allevamento. Il Consiglio permanente alla convenzione ha emanato raccomandazioni più specifiche per alcune specie e/o categorie di animali e in particolare, per quanto riguarda gli avicoli, sancisce indicazioni riguardo l’allevamento di tacchini, alcuni ceppi di anatre, oche, struzzi e polli domestici (Gallus gallus).

Soltanto le raccomandazioni per il Gallus gallus sono state tradotte in Norme CE. Di fatto norme specifiche sono state sviluppate per l’allevamento della gallina ovaiola in fase di deposizione (escludendo la fase pollastra, ma anche la categoria dei riproduttori) e per il pollo da carne. I soggetti allevati appartenenti alla categoria broiler rappresentano la stragrande maggioranza di capi allevati a livello non solo nazionale, ma anche europeo e mondiale. Si può quindi affermare che, sebbene solo due categorie di una sola specie avicola siano oggetto di una norma verticale, quest’ultima includa la maggioranza degli avicoli allevati. Allo stato attuale risultano comunque escluse da norme verticali alcune specie avicole numericamente rilevanti nel nostro Paese; tra queste, in particolare, il tacchino e le quaglie, con circa rispettivamente 30 e 19 milioni di capi allevati e macellati annualmente in Italia.

La priorità nello sviluppare normative verso le categorie commerciali deriva dalla necessità di coprire il maggior numero di specie, ma anche dalla considerazione del fatto che, dato il maggior valore dei capi tenuti per la riproduzione, sia facile presumere che questi ultimi vengano allevati in condizioni migliori rispetto ai commerciali, quindi con minor urgenza di essere salvaguardate. Nonostante ciò, i gruppi da riproduzione hanno altre problematiche di benessere, come ad esempio, la restrizione alimentare e l’insorgenza di ferite inferte durante l’accoppiamento. Il comportamento sessuale aggressivo, che provoca lesioni alle femmine, fa sì che in questa categoria di produzione si faccia ricorso a mutilazioni zootecniche sui maschi per contenere il problema: questo rappresenta un punto critico nella gestione dei riproduttori. La 98/58 CE, in art. 5 demanda a ogni singolo Paese la facoltà di legiferare in termini di mutilazione, in attesa dell’adozione di disposizioni specifiche su tale argomento.

Nel Decreto Legislativo 26 marzo 2001, n. 146, attuazione della direttiva 98/58/CE relativa alla protezione degli animali negli allevamenti, al punto 19 dell’allegato, si vieta la bruciatura dei tendini e il taglio delle ali, mentre il taglio del becco e la castrazione vengono concesse con delle limitazioni. Di fatto quindi tutte le altre mutilazioni, che vengono praticate a scopo zootecnico, implicitamente non risultano essere vietate. La legislazione nazionale risulta essere molto vaga, non passando in rassegna tutte le mutilazioni che avvengono a fini zootecnici. In questa situazione di apparente vuoto legislativo, il Ministero della salute è stato interpellato per esprimere un parere sulla legittimità del ricorso sul Microwave claw processing (MCP) che determina, tramite microonde, la bruciatura del tessuto matrice dell’unghia impedendone la ricrescita che viene fatto sulle tacchine commerciali.

La bibliografia scientifica risulta essere scarsa per quanto riguarda il sistema MCP, data la sua relativamente recente introduzione. Il Ministero della Salute ha concesso una deroga temporanea all’utilizzo di tale sistema in attesa di un parere tecnico del Centro di Referenza Nazionale del Benessere Animale (CReNBA) che svolgerà un progetto di valutazione dell’impatto che questa pratica ha sul Benessere animale.

Altro problema che riguarda riproduttori, ma anche le ovaiole, è l’induzione della muta. La muta è un evento naturale e stagionale nel corso del quale i volatili riducono drasticamente l’assunzione di alimento, cessano la produzione di uova e sostituiscono le proprie piume. Questo periodo di riposo produttivo è seguito poi da una ripresa dell’ovodeposizione. Una nota del Ministero, in risposta a una raccomandazione del FVO, ha sottolineato il divieto di ricorrere alla muta indotta attraverso la totale sospensione di alimento (acqua/mangime) e/o mancata applicazione dei programmi luce previsti dalle norme vigenti in materia di benessere animale (Dlgs 146/2001 e Dlgs 267/2003). A tal fine il Ministero della sanità, con l’ausilio del CReNBA, ha fornito indicazioni utili ai servizi veterinari territoriali al fine di rilevare casi di ricorso a procedure di muta non conformi alle norme europee.

Il sistema di allevamento è uno degli aspetti più criticati in questo settore, in particolare l’allevamento in gabbia per ovaiole e l’alta densità per i broiler. Non a caso le due specifiche norme vertono principalmente proprio su questi due aspetti.

La decisione di bandire le gabbie tradizionali, presa nel 1999, è fondata sulla forte evidenza scientifica che il benessere delle galline, allevate in batterie di gabbie tradizionali, sia fortemente compromesso e che le gabbie tradizionali non possano garantire le loro necessità comportamentali contrastando nettamente uno dei cinque principi fondamentali identificati dal Farm Animal Welfare Council (FAWC), ossia la libertà di esprimere un comportamento normale.

Il Decreto Legislativo 267/2003 per la protezione delle galline ovaiole riporta alcune definizioni assenti in precedenza quali: nido, lettiera, materiale friabile, oltre che richiedere la presenza di posatoi che permettono all’animale di soddisfare le proprie esigenze etologiche. Le gabbie tradizionali sono fuori legge dal 1° Gennaio 2012. Oggi i sistemi di allevamento riconosciuti sono: in gabbia arricchita o in sistema alternativo (a terra, in voliera, free range).

Ciò che ha influito sull’elaborazione della direttiva 2007/43/CE, che stabilisce norme minime per la protezione di polli allevati per la produzione di carne, è stata la Relazione del Comitato Scientifico della Salute e del Benessere Animale del 21 Marzo 2000 . Questa relazione ha concluso che il benessere dei polli allevati industrialmente non fosse soddisfacente e che gli effetti negativi dell’elevata densità siano ridotti negli edifici con condizioni climatiche interne favorevoli. La Direttiva, infatti, stabilisce densità massime di allevamento, concedendo deroghe solo a chi dimostra di garantire il rispetto del benessere animale in allevamento. Tale rispetto può essere dimostrato dall’allevatore garantendo i requisiti strutturali e gestionali richiesti dalla normativa e sulla base di una valutazione fatta dai servizi veterinari sull’animale al momento della macellazione. Quest’ultimo aspetto è innovativo dato che è la prima norma in materia di benessere animale che ricorre all’utilizzo di indicatori animalbased al macello, riconducibili alle condizioni degli animali in allevamento.

Infine, un grosso problema etico oltre che di benessere animale, è la pratica di soppressione dei maschi di galline ovaiole. Attualmente i pulcini delle galline ovaiole vengono sessati dopo la schiusa ed i maschi (con l’eccezione di un ridotto numero allevati come capponi o galletti) ed eliminati tramite macerazione o esposizione a CO2. In Germania, nel 2013, la provincia di North Rhine-Westphalia ha sospeso la pratica di eliminazione dei maschi di galline di un giorno a partire dal primo gennaio 2014. Gli incubatoi hanno fatto ricorso e hanno ottenuto di riprendere la pratica. Il Ministro dell’agricoltura tedesco ha poi espresso la volontà di porre fine alla pratica e stanziato fondi all’Università di Lipsia e Dresda per un progetto per lo sviluppo di un sistema in grado di identificare il sesso in uovo. Il sistema che sembra promettente si basa sull’impiego dell’imaging spettroscopico che permette di identificare il sesso già a 72 ore. L’applicazione di questo sistema rende obsoleta una pratica che non è accettata sul piano etico.

In conclusione, si può affermare che il comparto avicolo sia un passo avanti rispetto ad altri settori nella implementazione delle norme sul Benessere animale. È stato il primo settore oggetto di norme verticali, ossia specie-specifiche.

L’implementazione della direttiva ovaiole è stata molto travagliata, ma oggi completata, sebbene con anni di ritardo. Bisogna considerare che questa norma ha comportato uno stravolgimento epocale con pesantissime ripercussioni sul settore. Gli allevatori hanno dovuto affrontare spese per ridisegnare, reinventare e reimpostare un sistema di allevamento secondo i dettami della nuova legge. Dopo un iniziale periodo di chiare difficoltà gestionali, con ripercussioni negative anche sul benessere animale, oggi la situazione è migliorata. Proprio questa Direttiva ha fatto luce sulle difficoltà nell’implementazione delle norme, tant’è che la Commissione Europea ha imparato molto da questa esperienza e non a caso l’attuale piano strategico per il benessere animale prevede di focalizzare l’attenzione sull’implementazione di normative esistenti più che emanarne di nuove.

L’implementazione della normativa sul pollo da carne è stata più semplice perché non ha comportato grosse ripercussioni sul sistema di allevamento. In questo caso le difficoltà maggiori sono state a carico dei servizi veterinari addetti ai controlli più che degli allevatori. La normativa sui polli da carne è implementata anche se dobbiamo dire che quello che manca è un’uniformità nella raccolta e trasmissione dei dati.

Il ministero, con il Crenba, sta lavorando alla creazione di una banca dati dove fare convergere tutti i risultati delle ispezioni fatte allo scopo di avere un chiaro quadro della situazione. Al via anche un progetto di ricerca Europeo Anihwa dal titolo “Integrated EU Mobile Broiler Data Optimising broiler chicken management, health and welfare through the use of integrated EU data (iMBDatA)”, che vede la partecipazione di IZSLER in collaborazione dell’IZSAM, assieme a 5 partner di altrettanti Stati membri con il fine di sviluppare un sistema di raccolta ed elaborazione di dati relativi al benessere del pollame da carne.

Solo attraverso un miglioramento nell’informatizzazione della raccolta ed elaborazione dei dati e attraverso la creazione di un database nazionale sul benessere animale di queste specie, la norma non rischierà di tradursi semplicemente in un aumento di costi di produzione. La creazione poi di un data base è di ausilio per snellire e affinare il processo, evitando eccessivi oneri all’industria e provvedere, allo stesso tempo, a garantire che gli animali siano tenuti e allevati in condizioni di benessere, seguire orientamenti nel tempo utili per intervenire in caso di evoluzione negativa anche per evidenziare eventuali errori genetici, alimentari o gestionali e rispondere in maniera oggettiva piuttosto che emotiva alle eventuali problematiche di benessere animale.

Per tutte le altre specie la norma di riferimento rimane la 146 con un quadro quindi molto generico in attesa che escano norme più specifiche o indicatori affidabili per la valutazione del benessere animale in allevamento. La Commissione europea esaminerà se sia possibile introdurre un quadro legislativo CE semplificato che includa principi di benessere animale per tutte le specie e esaminerà l’uso di indicatori di benessere animale basati su dati scientifici come mezzo per semplificare il quadro giuridico e consentire la flessibilità necessaria per migliorare la competitività degli allevatori.