La Bronchite Infettiva nel pollo

Mark W. Jackwood, MS, PhD, Department of Population Health, College of Veterinary Medicine, Università della Georgia

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La Bronchite Infettiva (IBV) è una malattia aviaria acuta e altamente contagiosa del tratto respiratorio superiore. Si manifesta con sintomi respiratori e comporta un calo nella deposizione, scarsa qualità delle uova e con alcuni ceppi può provocare talvolta anche nefriti. 

In commercio sono disponibili dei vaccini, sia vivi attenuati che inattivati, ma le differenze antigeniche dei coronavirus aviari che causano malattia non offrono una protezione crociata, il che complica il controllo della malattia. I test diagnostici includono ELISA e HI per gli anticorpi sierici e il rilevamento virale tramite RT-PCR, mentre l’isolamento viene fatto su uova embrionate. Per riconoscere il virus è frequente l’analisi della sequenziazione del gene spike.

Eziologia ed epidemiologia della Bronchite Infettiva nel pollo

La Bronchite Infettiva è un gammacoronavirus che causa malattia solamente nel pollo, anche se è stato isolato in fagiani e selvaggina, dove si manifesta in forme subcliniche. Il virus è diffuso a livello globale e ne esistono molti tipi antigenici che possono circolare nella medesima area. Eliminato dal pollo infetto tramite secrezioni respiratorie e feci, può trasmettersi anche per aerosol, ingestione di mangime e acqua contaminati, contatto con attrezzature o vestiario infetti.

Il pollo infettato per via naturale, come quello vaccinato con IBV attenuato, elimina in maniera intermittente il virus fino a 20 settimane dopo l’infezione. Il periodo di incubazione è solitamente di 24-48 ore, con il picco di escrezione virale a 3-5 giorni dal momento dell’infezione.

La gravità della malattia nelle varie zone corporee è influenzata da:

  • ceppo del virus;
  • età, stato immunitario e dieta del pollo;
  • stress da freddo.

La presenza simultanea di infezioni da Micoplasma synoviae o gallisepticum, e/o Avibacterium paragallinarum possono contribuire a peggiorare il quadro.

Rilevamenti clinici

La morbidità nei gruppi colpiti da Bronchite Infettiva è solitamente del 100%. I polli manifestano tosse, raffreddori e rantoli tracheali per 10-14 giorni. Si notano congiuntivite e dispnea e, a volte, tumefazioni facciali, in particolare se ci sono sovrapposizioni batteriche. I polli possono sembrare depressi e si ammassano sotto le cappe, consumano meno mangime e dimagriscono o non hanno un buon accrescimento. L’infezione da ceppi uropatogeni può dare sintomi respiratori e poi depressione, penne arruffate, feci diarroiche, aumento del consumo idrico fino addirittura alla morte. Nelle ovaiole la deposizione può calare del 70% e le uova risultano deformi, con guscio sottile e morbido, o pallido e rugoso, mentre l’albume si presenta acquoso e piccolo. La produzione di uova e la loro qualità ritornano nella norma solo dopo otto settimane. Nella maggior parte degli episodi la mortalità arriva al 5%, ma può arrivare al 60% se la malattia è complicata da altre forme batteriche, oppure se ceppi uropatogeni inducono nefrite interstiziale nei soggetti. Le infezioni causano danni permanenti all’ovidotto e, quindi, sia le ovaiole che i riproduttori non tornano più ai normali livelli di produzione. Si può inoltre rilevare il fenomeno della sindrome delle false depositrici.

Lesioni

Nel tratto respiratorio, nella trachea, nei seni e passaggi nasali si trovano essudati sierosi, catarrali o caseosi e i sacchi aerei hanno inizialmente un essudato schiumoso che poi diviene un ispessimento opaco. Le galline colpite da giovani presentano ovidotti cistici, mentre quelle infettate in deposizione manifestano un peso ridotto e una regressione ovarica. L’infezione uropatogena causa un aumento di volume e pallore renale, con urolitiasi e anche atrofia.

Diagnosi

Il rilevamento di titoli anticorpali avviene tramite ELISA o HI e l’evidenza virale tramite PCR o sequenziazione. Per la diagnosi della Bronchite Infettiva respiratoria è necessaria la conferma in laboratorio perché altre forme danno lesioni simili (Newcastle, Metapneumovirus, Laringotracheite, Micoplasma, A. Paragallinarum, Ornitobatterio). L’evidenza della sieroconversione o del test di neutralizzazione del virus, come l’aumento dei titoli anticorpali di IBV in ELISA o l’inibizione dell’emoagglutinazione, come pure la neutralizzazione del virus, sono utili per fare la diagnosi quando c’è un’anamnesi di forma respiratoria o un calo nella deposizione.

La diagnosi definitiva solitamente si basa sul rilevamento o sull’identificazione virale. Il virus può essere isolato tramite l’inoculazione di omogenato di tessuto tracheale, di tonsilla cecale o renale, in embrioni SPF di 9-11 giorni, in cui la crescita di IBV viene evidenziata con una mortalità che può variare. 

In alternativa, IBV può essere isolato nelle colture tracheali, con lo sviluppo del virus indicato dalla cessazione della motilità ciliare. Sono necessari a volte vari passaggi ciechi del virus per arrivare all’isolamento di certi ceppi di campo. La diagnosi in pratica si ottiene usando la PCR a trascrittasi inversa per rilevare il RNA virale negli estratti di acido nucleico dal tessuto tracheale, di tonsille cecali o tessuto renale.

La tipizzazione virale è estremamente importante in caso di episodi causati da sierotipi diversi da quelli usati nei vaccini. I sierotipi sono stati identificati usando siero da polli SPF inoculati con sierotipi noti nei test di virus neutralizzazione. Comunque, visto che tale pratica è costosa e lunga, raramente la si attua. La regione glicoproteica dello Spike S1 viene usata per determinare il tipo genetico di virus che si correla al sierotipo virale. Il derivato della RT PCT di questa regione viene poi analizzato tramite sequenziazione nucleotidica e quindi si paragona la sequenza nucleotidica che ne deriva a quella del GenBank, il database delle sequenze genetiche NIH, una raccolta registrata di tutte le sequenze di DNA disponibili pubblicamente per valutare quanto siano correlate a ceppi noti.

Controllo

Per controllare la malattia vengono usati vaccini attenuati e spenti, ma la quasi totale assenza di protezione crociata richiede, di volta in volta, un vaccino specifico.

Nessun trattamento influisce sull’infezione da IBV, anche se la terapia antimicrobica può ridurre le mortalità causate da infezioni batteriche di tipo secondario. In un clima freddo, un aumento della temperatura ambientale può ridurre la mortalità; anche una diminuzione della concentrazione proteica nel mangime, con aggiunta di elettroliti nell’acqua di bevanda, può essere utile in casi di lesioni ai reni.

I vaccini vivi attenuati sono usati per l’immunizzazione e possono dare lievi complicazioni respiratorie. Questi sono inizialmente somministrati a polli da 1 a 14 giorni di età – con spray, per via oculonasale o in acqua di bevanda – con una successiva vaccinazione da effettuarsi circa due settimane dopo; la rivaccinazione con sierotipi differenti può indurre una protezione maggiore. I vaccini, sia attenuati che inattivati, possono essere utili nei riproduttori e nelle ovaiole per prevenire perdite produttive e trasmettere anticorpi materni protettivi alla progenie. 

Esistono molti tipi diversi di IBV, sia nuovi che come varianti che non sono totalmente controllabili con i vaccini esistenti. I virus varianti insorgono storicamente da mutazioni che si accumulano nel tempo, tramite replicazioni virali, ma possono anche verificarsi ricombinazioni nei coronavirus che danno luogo a virus totalmente nuovi che a loro volta possono comportare o non comportare la manifestazione della malattia. La selezione dei vaccini dovrebbe basarsi sui virus prevalenti nella zona. La correlazione tra tipi di IBV e protezione non è perfetta e la selezione dei vaccini più appropriati, o della loro combinazione, può richiedere valutazioni sperimentali e in vivo.

I vaccini più frequentemente utilizzati, come i vivi attenuati, contengono derivati del ceppo Massachusetts (Mass 41, H120 ed H52). Inoltre esistono alcuni vaccini IBV approvati in vari Paesi, sia vivi attenuati che autogeni spenti, specifici per le varianti esistenti in quella determinata zona. 

Fonte: www.merckvetmanual.com