Ridurre l’impatto ambientale con la proteasi

Susanna Lolli e Fabrizio Pepe - DSM – Istituto delle Vitamine, Segrate (MI)

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Da una recente pubblicazione di Adam Smith, responsabile enzimi EMEA per DSM, è stato preso in considerazione non solo l’effetto della proteasi sulla riduzione del costo alimentare e sul miglioramento delle performance, ma anche sulla riduzione dell’impatto ambientale, oggi argomento di grande interesse. 

Le proteasi (o peptidasi) sono enzimi idrolitici, prodotti naturalmente dal tratto gastrointestinale dei polli da carne, coinvolti nella digestione proteica. Le proteasi del tubo digerente, sintetizzate a livello dello stomaco, del pancreas e della mucosa intestinale, si dividono in endopeptidasi ed esopeptidasi. Questi enzimi, nel loro insieme, sono essenziali per la digestione delle proteine alimentari, che vengono ridotte a frammenti molecolari sufficientemente piccoli da permetterne l’assorbimento.

Tuttavia la digestione non è completa e così le proteasi microbiche sono spesso integrate nei mangimi per favorire e migliorare la digeribilità degli amminoacidi e quindi ridurre l’impatto ambientale della produzione.

Ronozyme® ProAct catalizza l’idrolisi delle proteine presenti nell’alimento liberando peptidi e aminoacidi, integrando l’attività degli enzimi digestivi endogeni, come pepsina e proteasi pancreatiche.

La motivazione principale per l’utilizzo della proteasi nella produzione di polli da carne è quello di ridurre il costo del mangime, migliorando le performance e il benessere degli animali.

In Figura 1 si osserva come l’integrazione di 200 g/t di Ronozyme® ProAct a una dieta a ridotto contenuto proteico (T3), ha dato migliori risultati rispetto a una dieta analoga senza ProAct (T2) e ha eguagliato le performance zootecniche del gruppo alimentato con una dieta a contenuto proteico normale (T1).

Ridurre le emissioni

Le proteasi possono anche aiutare a ridurre le emissioni. Infatti, quando la proteasi è integrata in una dieta per polli da carne, il livello di soia può essere ridotto, al contempo riducendo l’impatto negativo sull’ambiente. 

È necessario un miglior controllo delle emissioni di azoto, come ammoniaca e ossido di azoto, lungo tutta la filiera agricola-avicola. Tali emissioni contribuiscono al riscaldamento globale e alla lisciviazione dei nitrati, area di particolare preoccupazione, sia per gli effetti a lungo termine sia per le conseguenze a livello locale: l’ammoniaca può avere effetti dannosi all’interno e in prossimità degli edifici avicoli, mentre i nitrati hanno un impatto più globale.

Impatto ambientale

Sono tre le principali preoccupazioni ambientali nell’industria dei polli da carne: potenziale di riscaldamento globale (GWP), eutrofizzazione (EP) e acidificazione. 

  • Il potenziale di riscaldamento globale (GWP) è una misura delle emissioni di gas serra che si pensa essere responsabile del riscaldamento globale dell’atmosfera. Le principali fonti di GWP sono l’anidride carbonica (CO2), il protossido di azoto (N2O) e metano (CH4), che determinano la ormai nota “impronta di carbonio”. Nel settore avicolo N2O è generato dall’ossidazione/riduzione dei composti dell’azoto nella lettiera durante l’essiccazione, lo stoccaggio e il compostaggio.
  • Il potenziale di eutrofizzazione (EP) è utilizzato per valutare l’eccesso di offerta di nutrienti che raggiungono i sistemi idrici per lisciviazione, ruscellamento o deposizione in atmosfera. Le principali fonti sono i nitrati (NO3) e fosfato (PO43-), lisciviazione in acqua e ammoniaca (NH3), emissioni nell’aria. Entrambe le emissioni di NO3 e NH3 sono associate alla produzione avicola da carne.
  • Il potenziale di acidificazione (AP) è principalmente un indicatore di potenziale riduzione del pH del suolo, le cui fonti principali sono NH3 e anidride solforosa (SO2). Le emissioni di NH3 in agricoltura provengono principalmente dallo spargimento in campo delle deiezioni, così assume un ruolo acidificante attraverso la conversione di NH3 in acido nitrico, liberato in l’atmosfera.

Valutazione del ciclo di vita (LCA)

Una metodologia nota come LCA (Life Cycle Assessment) viene spesso utilizzata per valutare efficacemente l’impatto ambientale dei sistemi di produzione, compresa quella zootecnica. LCA considera l’intera filiera produttiva, partendo dalla produzione di materie prime e terminando con lo smaltimento dei rifiuti. Vengono raccolti dati specifici per ogni processo che si suddividono in input (corrente elettrica, mangime, carburante, etc.) e output (vendita animali, carne, uova, etc.). Uno studio LCA di Leinonen e Williams (2015) ha quantificato l’impatto ambientale complessivo quando DSM Ronozyme® ProAct è stato integrato nel mangime utilizzato per la produzione standard di polli da carne. Questa valutazione LCA era per diete a base di soia senza proteasi: il gruppo di controllo, che riceveva una dieta con contenuto standard di proteina, è stato confrontato con un gruppo Trattato integrato con ProAct. Nella dieta del gruppo Trattato, anche il contenuto di proteine ​​e aminoacidi è stato ridotto in linea con i miglioramenti di digeribilità propri dell’enzima (matrici). Sono stati valutati sette studi separati e due scenari: la filiera del mangime e la filiera produttiva del pollo da carne. L’analisi della filiera del mangime ha mostrato che con ProAct si è osservata una riduzione per tutte le categorie di impatto ambientale valutate (Figura 2). La riduzione è stata particolarmente significativa per il GWP con il 12% di riduzione e una media del 5%. Il motivo principale di questo miglioramento è dovuto alla minor inclusione di soia nella dieta, che ha ridotto le emissioni di CO2; in un LCA impatta anche lo sfruttamento del suolo di una coltura e il suo trasporto, pertanto, riducendo la quantità di soia nella razione, ne deriva un minor impatto ambientale. Miglioramenti significativi sono stati osservati anche in EP e AP. È stata osservata una grande riduzione sia di EP che di AP quando è stata considerata l’intera filiera produttiva (Figura 3). La riduzione di AP, massima di 9% e media del 5%, è dovuta alla riduzione di NH3. 

Oltre a migliorare la digeribilità degli aminoacidi nelle materie prime proteiche, le proteasi possono ridurre i livelli di azoto nelle deiezioni, con conseguente riduzione delle emissioni di ammoniaca che, a sua volta, agisce su EP e AP. Per supportare l’implementazione pratica dei dati LCA, DSM & Blonk hanno recentemente sviluppato un nuovo servizio di sostenibilità intelligente, Sustell™, che rende più semplice il calcolo dell’LCA e consente un monitoraggio e una valutazione in tempo reale di diverse strategie (ad esempio l’inclusione di un additivo nella dieta) per migliorare la sostenibilità ambientale e la redditività degli allevamenti.

Benefici sostenibili ed economici

La motivazione principale finora per l’utilizzo della proteasi nella produzione di polli da carne è stato quello di abbassare i costi dei mangimi senza alcuna riduzione di performance. Ora sembra chiaro che tali benefici economici siano anche associati a una significativa riduzione dell’impatto ambientale. In alcune regioni del mondo, come l’UE, dove il regolamento determina la quantità di azoto che può essere sparso sui campi agricoli, i vantaggi economici possono essere ulteriormente arricchiti dai benefici ambientali. La proteasi non solo influenzerà la redditività attraverso risparmi diretti sui costi dei mangimi, ma consentirà anche a un produttore di aumentare il numero di animali allevati per unità di terreno rispettando i requisiti della legislazione ambientale. Prendendo in considerazione i vantaggi di cui sopra, insieme al miglioramento del benessere animale e una migliore qualità dell’aria sia per animali che per gli uomini, l’uso di una proteasi diventa un’importante strategia alimentare che migliorerà non solo l’economia ma anche il futuro ambientale dell’industria del pollo da carne.