Il potenziale delle ovaiole è in crescita e quelle che popoleranno i nostri allevamenti dal 2020 saranno capaci di produrre 500 uova in 100 settimane. Sapere esattamente come alimentarle rappresenta una sfida non da poco.
è possibile che le nuove metodiche genomiche aiutino a superare alcuni problemi come la degenerazione dell’ovidotto, ma non c’è ancora niente di certo. Anche se il numero di uova aumenterà, la dimensione delle galline resterà la stessa, mentre la massa giornaliera di uova sarà probabilmente inferiore; le richieste nutrizionali potranno perciò diminuire o variare con le modalità di alimentazione. Il problema sarà mantenere la salute della ovaiola e la qualità del prodotto, arrivando a 100 settimane con uova ancora vendibili.
Prevedere le tendenze è difficile se si hanno pochi dati a disposizione ma, fortunatamente, nel caso delle ovaiole non è così. La storia e il progresso ci indicano come i nostri avicoli siano migliorati negli ultimi decenni e ciò consente di farci un’idea dei futuri programmi di selezione. Le richieste di energia e proteina per unità produttiva sono rimaste invariate e i diversi genotipi utilizzano le materie prime in modo simile. Il vero problema sarà come alimentare soggetti a lunga vita – che dovrebbero deporre 500 uova in 100 settimane e che arriveranno in allevamento entro il 2020 –, in quanto il progresso genetico è già arrivato, in pratica, a questo target. Queste galline inizieranno a produrre prima di poterne determinare le peculiarità e le specifiche nutrizionali. Le prove, eseguite in passato, non saranno più applicabili visto che i genotipi usati non sono rappresentativi delle galline moderne.
Genotipo e richieste alimentari
La costante selezione per migliorare la produzione di uova è il criterio preminente nelle galline, con un incremento medio di 2-3 uova per anno. Il parametro chiave è l’aumento della persistenza in deposizione che si basa sulla selezione di galline che depongono uova per periodi più lunghi. La dimensione delle uova è calata, ma questa è una stata una scelta voluta per migliorare la qualità del guscio a fine deposizione.
Anche se la dimensione delle uova aumenta con l’età, non è accompagnata da un aumento proporzionale del peso del guscio, il che porta a un suo calo di spessore. La massa di uova è aumentata nel corso dell’intero periodo di deposizione, accompagnata da minori consumi e maggiore efficienza alimentare. Negli ultimi venti anni il consumo di mangime è calato del 22% per uovo prodotto. L’uso di sistemi di produzione alternativi ha aggiunto una nuova variabile e le diete devono oggi essere formulate per assicurare un determinato consumo di nutrienti in diverse condizioni. Le galline possono adattarsi bene ai sistemi alternativi, sempre che ci sia un consumo adeguato di mangime.
A un primo sguardo è facile pensare che il fabbisogno nutrizionale delle galline aumenti con l’incremento della produzione di uova; bisogna tuttavia tenere ben presente che, sebbene le ovaiole moderne siano state selezionate per una maggiore persistenza, depongono ancora un uovo solo al giorno e quindi le loro richieste nutrizionali dovrebbero essere valutate su base quotidiana. Dato che le ovaiole hanno lo stesso peso e struttura di prima, se non addirittura inferiore, con una produzione di uova giornaliera ridotta è probabile che le loro richieste nutrizionali diminuiscano piuttosto che aumentare. Rubinoff, nel 2018, ha affermato che le galline del 2020 saranno leggermente più pesanti. Si sa anche che la gallina moderna consuma meno mangime, ma è difficile essere certi che questa tendenza rimanga tale sulla base dei dati disponibili. Spesso, le galline al picco della deposizione non sono in grado di consumare abbastanza mangime, il che le forza a pescare dalle riserve corporee di energia. Se queste sono inadeguate, il gruppo mostra il calo tipico post picco; ciò costituisce un problema per i moderni genotipi di ovaiole e influenza le rese per il resto della vita. Nutrire le ovaiole con mangime a bassa densità e alto contenuto in fibra consente di allenare i soggetti giovani a consumare di più, assicurando in tal modo una maggiore riserva lipidica della carcassa. Le esperienze di campo hanno insegnato che si può fare poco in fase di produzione per superare il problema del consumo, soprattutto se deriva dalla fase pollastra. Per esempio, nei riproduttori broiler, una dieta con alti livelli proteici nella fase pollastra risulta in un calo del grasso della carcassa. è facile che anche le galline mostrino un simile andamento e, quindi, diete ad alto valore proteico potrebbero essere controindicate durante lo svezzamento.
Richieste energetiche della gallina
Le richieste energetiche delle ovaiole continueranno a essere dettate dalle esigenze di mantenimento (determinate dal peso), dalla produzione uova e dalla livrea. Nel 1989 Glatz ha dimostrato che ovaiole rosse poco impiumate consumavano il 19% in più rispetto a quelle con una buona livrea. Per molto tempo si è ritenuto che le ovaiole fossero in grado di soddisfare le proprie richieste energetiche semplicemente regolando il consumo alimentare. Ricerche recenti indicano invece che tale regolazione può essere imperfetta e che il consumo di energia tende ad aumentare leggermente con diete ad alto livello energetico. Ciò potrebbe o non potrebbe essere dovuto alle interazioni sociali, al comportamento o alla competizione.
La gallina del futuro sarà probabilmente in grado di consumare un mangime adeguato a soddisfare le richieste energetiche. C’è un notevole interesse nella nutrizione frazionata, in cui il mangime del mattino è ricco in energia, mentre nel pomeriggio contiene più proteine e calcio. Le galline sembrano tuttavia autonome e capaci di regolare il consumo alimentare da diete diverse e frazionate nel corso della giornata, per poi raggiungere lo stesso consumo di energia e nutrienti in modo del tutto simile alle diete classiche. I benefici di questa alimentazione alternata sarebbero dunque non rilevanti, poiché la gallina non sembra in grado di regolare il consumo sulla base del frazionamento giornaliero.
Richieste proteiche
Le richieste proteiche e amminoacidiche sono meno note, il che porta i nutrizionisti inesperti ad avere opinioni diverse sulle quantità da somministrare. Vale dunque la pena tracciare alcuni aspetti noti:
– la fornitura di un livello corretto di amminoacidi essenziali nella dieta è un problema. L’inclusione di livelli minimi di proteina grezza difficilmente comporta un incremento di uova, ma ne aumenta la dimensione. La regola fondamentale suggerisce che per ogni grammo di proteina in più consumata dalle galline, la dimensione delle uova aumenti di 1,4 grammi;
- si dovrebbe avere un’idea precisa di come determinare il corretto profilo amminoacidico;
- si dovrebbe sempre guardare al profitto quando si decide il livello dietetico di amminoacidi. è difficile che una sola raccomandazione sia adeguata in tutte le circostanze. Differenze nel costo degli ingredienti e nel valore delle uova prodotte stanno alla base della variabilità.
Ottenere un consumo di proteine adeguato è meno problematico di quanto si creda, visto che i soggetti avranno probabilmente fabbisogni ridotti su base giornaliera e capacità di consumare più mangime. Il pericolo sta nel somministrare troppa proteina che causa un aumento delle uova, con concomitanti problemi di qualità del guscio. Paradossalmente, inoltre, la produzione di uova grosse sarà inferiore perchè diminuisce la capacità innata delle galline di produrre uova grandi.
Calcio e fosforo
Nel corso della loro vita, le galline depongono da 30 a 40 volte il peso del proprio scheletro, come contenuto in calcio, nel guscio delle uova. Il guscio viene formato nell’utero come processo extracellulare, governato da proteine responsabili del trasporto di calcio e da un gradiente di pH necessario alla formazione di cristalli. Alcune proteine vengono secrete e integrate nel guscio, dove regolano il processo di calcificazione e diventano parte della matrice organica. In un periodo di 17-20 ore vengono depositati circa 5,5 gr di carbonato di calcio nel guscio, con uno dei processi di biomineralizzazione più veloci che si conoscono. Il contenuto di fosforo del guscio è ridotto se paragonato a quello del calcio (120 mg). Neijat et al. (2018) hanno rilevato che soggetti allevati in aviario (rispetto a quelli in batteria) mostravano un peso totale delle ossa maggiore: il livello di nutrienti nella dieta diventa quindi meno importante rispetto alla gestione. Anche alimentare con un livello basso di fosforo non ha comportato conseguenze sui parametri di crescita o sulle caratteristiche ossee. Si noti inoltre che i mangimi usati in questa prova non contenevano fitasi. La maturazione dell’osso midollare comincia quando gli estrogeni aumentano, all’inizio della maturità sessuale (quando i bargigli diventano rossi) che si completa a circa 30 settimane di età. Le richieste di calcio quotidiane non possono essere soddisfatte con la sola alimentazione, e quindi la gallina è forzata a un rimodellamento osseo quotidiano: indipendentemente dal livello di calcio fornito, userà le proprie riserve per ricavare fino a 1 gr di calcio al giorno. Nel corso della formazione del guscio, il 60-75% del calcio è di origine dietetica, mentre il rimanente viene prelevato dalle ossa. Se manca una sufficiente riserva ossea, la qualità del guscio cala velocemente. I problemi di deplezione calcica, nelle galline, hanno più a che fare con un’insufficienza metabolica di calcio che con carenze dietetiche.
Il fabbisogno in minerali è complesso, poiché le galline sono capaci di usare i minerali in modo differente, in base al livello dietetico. Clunies et al. (1993) hanno misurato la ritenzione di calcio nelle galline con un range che va dal 36 al 62%, in base ai livelli di calcio nel mangime. Spesso si è creduto, erroneamente, che solo il calcio nella dieta influenzi la qualità del guscio; quindi, quando si manifestano problemi, viene spontaneo aumentarlo aggiungendo carbonato di calcio. Aumentare il livello di calcio a fine deposizione migliora la durezza del guscio e dell’osso se la gallina trattiene livelli adeguati di calcio nell’osso midollare. L’aggiunta di 600 FTU di fitasi nel mangime per ovaiole (il doppio del normale), aumenta la durezza dell’osso e previene cali ossei nel corso della deposizione.
I polli riescono ad adattarsi alle variazioni alimentari dovute a bassi livelli di calcio, aumentandone il consumo in uno stadio successivo. Questo aumento viene raggiunto grazie alla modulazione di alcuni geni che codificano il trasporto di calcio e fosforo a livello intestinale. Leeson ha indicato come lo stesso fenomeno possa avvenire anche nelle ovaiole, indicazione poi comprovata dalla scoperta che nutrire con mangimi a basso livello di calcio raddoppia il livello di mRNA, che esprime le proteine che legano il calcio (CaBP-D28K) nell’intestino. Se la gallina giovane viene alimentata con livelli eccessivi di calcio (non ne occorrono più di 3,5gr/giorno) perde la capacità di assunzione di calcio in modo efficiente, allorché aumenta la richiesta fisiologica. Questo aspetto sarebbe di particolare importanza per la nutrizione nel corso di una deposizione prolungata, proprio nel momento in cui le galline hanno necessità di utilizzare il calcio in modo più efficiente.
La forte interazione tra calcio e fosforo non può essere ignorata. Diete con basso livello di fosforo portano a una riduzione della sua concentrazione ematica, che invece stimola la sintesi del metabolita di vitamina D3 attivo 1-25(OH)2. Questo, a sua volta, stimola l’assorbimento intestinale di fosforo, come pure di calcio, anche quando i livelli ematici di calcio sono nella norma. Sostanzialmente, livelli inferiori di fosforo nel mangime, rispetto a quelli usati di solito nelle diete, presentano una ritenzione nell’assorbimento di fosforo di 2,6 gr/kg che si è rivelata adeguata fino a 65 settimane di età, mentre in seguito ha dovuto essere aumentata a 2,8 gr/kg.
Fine della prima parte
Le referenze sono disponibili su richiesta
Dagli Atti dell’Australian Poultry Science Symposium del 2019