Il 29 maggio è stato presentato al Senato il Rapporto “La transizione digitale delle filiere italiane della carne”, primo studio che analizza l’impatto delle tecnologie nel settore della produzione di carne.
Si è tenuta il 29 maggio al Senato della Repubblica la conferenza stampa per la presentazione del Rapporto “La transizione digitale delle filiere italiane della carne” indetta su iniziativa del Senatore Antonio De Poli in collaborazione con la Fondazione per la Sostenibilità Digitale. Lo studio è stato realizzato dalla Fondazione con il contributo scientifico del centro studi di Carni Sostenibili, l’associazione che riunisce le principali sigle dei produttori di carni e salumi in Italia.
SMART MEAT 2030
In occasione dell’evento è stato siglato anche il Manifesto SMART MEAT 2030 –Sustainable Management and Advanced Responsible Technologies for Meat Ecosystems and Agri-food Tracking – per la sostenibilità digitale del settore zootecnico italiano, documento che nasce per sostenere le aziende del settore zootecnico nel loro percorso verso gli obiettivi europei 2030 di sostenibilità.
Dalla valorizzazione della tecnologia digitale e della sostenibilità digitale come pilastri delle filiere di produzione della carne, alla necessità di infrastrutture, competenze e formazione; dalla costruzione di ecosistemi data driven, all’adozione di tecnologie avanzate fino al monitoraggio delle emissioni e del benessere animale; dalla questione della sicurezza informatica, al ruolo strategico delle Istituzioni: sono questi i 10 punti che costituiscono il Manifesto e disegnano un percorso di sensibilizzazione verso i temi più urgenti per supportare le aziende del settore verso la transizione digitale in un’ottica di sostenibilità ambientale, economica e sociale.
Nelle intenzioni dei promotori il Manifesto è aperto ad associazioni, aziende e Istituzioni che vogliano sottoscriverne l’impegno, collaborando nella costruzione di un sistema ancora più avanzato, sostenibile e tecnologico.
Il Rapporto: come le tecnologie possono migliorare i processi delle filiere
“La transizione digitale delle filiere italiane della carne” è il primo studio che analizza come le tecnologie digitali possano migliorare l’allocazione del capitale fisico, naturale e umano nelle aziende della filiera delle carni, riducendo i costi e guadagnando in efficienza. Il Rapporto esamina il ruolo dell’agricoltura digitale nel migliorare l’equità e la sostenibilità ambientale dei sistemi alimentari, evidenziando le sfide che potrebbero emergere lungo il percorso. Rappresenta inoltre uno strumento di riflessione per facilitare la comprensione e la transizione verso una nuova realtà produttiva per tutti gli attori, dal primario ai servizi, coinvolti nella produzione della carne. Nel corso dell’analisi sono stati esaminati in modo critico e dettagliato l’impatto e le implicazioni della digitalizzazione, intesa come inserimento di tecnologia, e della trasformazione digitale, intesa come effetto della digitalizzazione sui processi, sulle filiere della carne, valutandone le ripercussioni in termini di sostenibilità.
Le filiere della carne in Italia
Lo studio scatta una fotografia dettagliata dell’intero comparto. In Europa ci sono 9,1 milioni di aziende agricole, di cui 3,2 milioni zootecniche e miste; la produzione agricola complessiva nei Paesi europei ammonta a 537,5 miliardi di euro, di cui 206 miliardi derivanti dalla produzione animale. Nel nostro Paese ci sono 166.460 aziende zootecniche (131.110 specializzate nell’allevamento del bovino, 28.550 per il suino e 6.800 per il settore avicolo) per 513.000 addetti (358.000 per il settore bovino, 91.000 per il settore suino e 64.000 per il settore avicolo). In totale il settore zootecnico vale 33 miliardi di euro (11 miliardi per la fase agricola, 22 miliardi per quella industriale).
L’Italia con 3,69 milioni di tonnellate di carne prodotta si colloca al 5° posto in Europa, dopo Germania, Spagna, Francia e Polonia, ma al penultimo posto nei consumi pro-capite di carni con 72 kg di consumo apparente all’anno, a cui corrispondono circa 35,5 kg di consumo reale, considerando solo la parte edibile (al netto di ossa, cartilagini e grasso).
La digitalizzazione nel sistema zootecnico
Gli ultimi dati ISTAT su innovazione e digitalizzazione – 7º Censimento Generale dell’Agricoltura – tratteggiano una situazione ricca di luci e ombre: in totale poco più del 15% delle aziende zootecniche è digitalizzata, percentuale che sale al 71,6% per quelle più grandi che superano il centinaio di capi adulti. Quello che emerge dal Rapporto della Fondazione è che le filiere della carne, oggi, anche a valle degli investimenti fatti nell’ambito di Industria 4.0 e di quelli affrontabili nel contesto del PNRR, sono tra quelle che potrebbero trarre maggiori vantaggi da un approccio orientato alla sostenibilità digitale, ma in molti casi ne stanno cogliendo soltanto gli impatti più marginali. Sono, infatti, ancora molti gli ostacoli che ne limitano una capillare diffusione: la mancanza di infrastrutture pervasive, la scarsa diffusione nel settore di una cultura orientata al digitale e la difficoltà di gestire un processo di cambiamento che per essere efficace deve toccare tutti gli anelli di una catena del valore complessa e multiforme. Ostacoli che hanno certo rallentato, ma non bloccato lo sviluppo di esperienze, modelli e casi d’eccellenza che dimostrano quanto queste filiere possano anche essere rivoluzionate dalla trasformazione digitale in un’ottica di sempre maggiore sostenibilità ambientale, economica e sociale.
La sostenibilità digitale: gli effetti della digitalizzazione
Il Rapporto, inoltre, analizza la sostenibilità digitale nell’allevamento di carne in termini di ottimizzazione dell’uso delle risorse, miglioramento del benessere animale, riduzione dell’impronta ecologica dell’intera filiera. Tecnologie come sistemi IoT avanzati possono monitorare in tempo reale le condizioni degli animali e l’ambiente in cui vivono, permettendo interventi tempestivi che migliorano la salute e il benessere degli animali e riducono la necessità di trattamenti farmacologici. Tecnologie come la telemetria avanzata per la raccolta delle informazioni e l’analisi predittiva sono impiegate per monitorare la salute e il comportamento degli animali, con sensori che raccolgono dati su parametri vitali e attività, contribuendo a prevenire malattie e a migliorarne le condizioni di vita. Un approccio che non solo impatta positivamente sulla sostenibilità delle operazioni, ma che ha effetti incrementali anche sulla qualità del prodotto finito, come dimostrato dagli studi raccolti nel rapporto, che evidenziano una diminuzione del 20% nel tasso di mortalità e una riduzione del 15% nell’uso di antibiotici attraverso le applicazioni di tali tecnologie.
“È di fondamentale importanza che si comprenda il ruolo profondamente trasformativo della digitalizzazione in una filiera complessa come quella della carne”, ha dichiarato il professor Stefano Epifani, presidente della Fondazione per la Sostenibilità Digitale. “Ragionare in termini di sostenibilità vuol dire ragionare in termini sistemici: ciò comporta da una parte la possibilità di ottimizzare il rapporto di efficienza/efficacia degli allevamenti, dall’altra però il fatto che all’aumento dell’efficienza aumenta anche la complessità per gli attori della filiera. Per gestire questo aumento di complessità servono strumenti digitali. E cultura diffusa per utilizzarli. Ma utilizzandoli ci si rende conto che rappresentano non solo una grande opportunità per la sostenibilità economica e sociale degli allevamenti, ma anche uno strumento imprescindibile per migliorarne la sostenibilità ambientale”.
Secondo il professor Giuseppe Pulina, presidente di Carni Sostenibili e Professore di Etica e sostenibilità degli allevamenti all’Università di Sassari, intervenuto durante la conferenza, “le aziende agrarie producono molte informazioni, è stato stimato che entro il 2050 produrranno circa 4,1 milioni di punti dati al giorno, ma oggi la quasi totalità va dispersa. La sfida è utilizzare queste informazioni per aumentare l’efficienza produttiva, riprogrammando i sistemi in chiave digitale perseguendo l’intensificazione intelligente dei sistemi agro-zootecnici”. E ha aggiunto il professore: “Siamo agli albori di una nuova rivoluzione quella della trasformazione digitale, se precedentemente, a partire dagli anni duemila, gli aumenti produttivi erano generati per ⅔ dalle informazioni e per ⅓ dagli input di acque, terre e energie, oggi possiamo ambire a una ‘super sostenibilità’ dove gli aumenti produttivi sono generati oltre il 100% da informazione e dalla riduzione degli input. In termini termodinamici: il sistema produce di più, consumando di meno”.
“Cisco ha la missione di connettere in modo sicuro le persone e le cose – ha spiegato Angelo Fienga, Director Sustainable Solutions EMEA di CISCO – permettendo di valorizzare le opportunità della trasformazione digitale. Per noi è particolarmente importante contribuire a realizzare un futuro inclusivo per tutti e perseguiamo questo obiettivo realizzando soluzioni tecnologiche sostenibili e circolari. L’Internet delle Cose è una tecnologia abilitante, che permette di raccogliere dati molto dettagliati dalle catene di produzione e nelle filiere; ci può far capire come si impiegano le risorse e come possiamo ottimizzarle, sfruttando anche l’Intelligenza Artificiale per estrarre dai dati informazioni di valore. Ciò permette di migliorare i processi sia in termini di costi sia di impatto ambientale e crea le condizioni per perseguire insieme obiettivi di business e uno scopo più alto di miglioramento per la società”.
“Grazie all’uso di dati e intelligenza artificiale – ha concluso Francesco Frinchillucci, Sales Director di SAS – è possibile ottimizzare il ciclo di crescita del bestiame, ridurre gli sprechi negli impianti di trasformazione e aumentare l’efficienza nella distribuzione. Tutto questo consente di ottenere rese costanti e di qualità superiore, migliorare la salute degli animali e ridurre l’impatto ambientale, promuovendo un’economia circolare e sostenibile”.